Acquista: | Data di Uscita: | Etichetta: | Sito: | Voto: (da 1 a 5) |
8 Ottobre 2016 | Dischi Bervisti Sonatine Produzioni Shove Dingleberry Bare Teeth Records |
bandcamp |
Torino come palcoscenico delle ombre; non esoterismo e neppure magia nera, ma una città che avvolge la popolazione fra sue spire. Nella mente dei giovani punkers locali riecheggiano ancora i ruggiti di un passato musicale capace di dare forma compiuta proprio a quell’angoscia, quella che solo chi conosce la Torino dei meandri bui vi potrà raccontare. Negazione e Nerorgasmo come padre e madre sempiterni per le generazioni a venire: mentre i figli, anch’essi splendidi, continuano oggi un percorso descrittivo di quel “sentire” con le proprie metriche, associandolo esteticamente al cinema italiano di genere – Horror e Giallo all’Italiana. Non stupisca dunque un connubio – a cui già ci abituò in tempi non sospetti il nostro Giulio (Cripple Bastards) – musica/cinema così ben integrato per una band capace di descrivere il proprio mood già dalla ragione sociale.
“Tutti I Colori Del Buio” suona come un monito. Perfetto. Descrittivo di una gradazione percepibile solo da chi vive all’ombra della Mole Antonelliana. Quattro ragazzi che concentrano le migliori intuizioni provenienti dai precedenti progetti – Marmore, Last Minute To Jaffna e Magdalene – in favore di un risultato fortemente d’impatto. Una band che abbiamo imparato ad apprezzare fin dal primo “7 omonimo del 2014 e che recentemente si è resa protagonista, in compagnia di Storm[O], Chambers e Gerda di uno split in omaggio ai sopracitati Nerorgasmo. Proprio questi ultimi rappresentano forse una delle influenze primarie percepibili nei passaggi vocali (Luca Abort docet) del full length d’esordio “Initiation Into Nothingness“.
Ed eccola l’interazione/ispirazione estetica di cui sopra. Infatti, il titolo dell’album prende il nome da una pratica presente in un libro che compare nel film “Tutti I Colori Del Buio” (Sergio Martino, 1972). E se faceste un giro per i social della band capireste quanto questa sia un’influenza portante – “Sergio Martino is our Elvis” appare come motto sia su Facebook che Bandcamp.
La band torinese dipinge così un affresco segnatamente Hardcore capace di conservare l’impatto dei padri, e delle successive derive nineties, elaborandolo con gusto moderno, talvolta New School – “Three Times Denied Means Fuck You“. Impressionanti gli assalti all’arma bianca (“Stop Your Fun With A Bullet“) e gli intermezzi dal sapore cinematico (“Tutti I Colori Del Buio“), ma le vette compositive arrivano con “REM vs NRA” e “The Crab’s Failure“. Pezzi fantastici che non solo aggiungono al motore benzina proveniente dalle innevate lande Norvegesi – Ricordate i primissimi Kvelertak? –, ma che lasciano emergere tematiche profonde. Nello specifico “The Crab’s Failure“, è ispirata all’opera “I canti di Maldoror” scritta dal Conte di Lautréamont circa un secolo e mezzo fa. Uno scritto incentrato sulla ricerca ossessiva dell’anima gemella nell’ottica di sedare la mancanza d’affetto, alla ricerca di un sedativo dell’anima. Un viaggio nella socialità che i nostri comparano con altrettanti placebo odierni qui riconosciuti nella droga e nella religione – in particolare il titolo del brano si riferisce ad: “un capitolo del libro in cui Dio invia sulla terra un suo arcangelo sotto forma di granchio gigante, che non riesce a fermare il protagonista nella sua ribellione contro Dio, mostrandone ancora di più l’impotenza e inutilità“.
Tutto all’interno di “Initiation Into Nothingness” diventa volutamente descrittivo degli intenti e delle tematiche in oggetto. Persino la splendida copertina ad opera di Gigi Fagni (ex Chambers ora con i Bennet) ci racconta qualcosa di importante sul modus operandi della band: nient’altro che William Shakespeare con un serpente che gli esce dalla bocca. Chiaro riferimento al binomio fra la durezza dei pezzi e le citazioni classiche contenute nei testi e provenienti da scrittori, poeti e registi.
Un disco fondamentale per l’attuale scena Hardcore nostrana e non.