Acquista: | Data di Uscita: | Etichetta: | Sito: | Voto: (da 1 a 5) |
5 Maggio 2017 | BMG | blondie.net |
Debbie Harry è stata uno dei personaggi più affascinanti di tutto il panorama musicale al femminile. I Blondie, invece, una pietra angolare nel percorso Rock d’oltreoceano: una sorta di ponte dorato capace di collegare New York ai mercati europei.
Nascono a metà degli anni settanta, concentrando la propria ricerca sulle rivoluzioni in atto nella Disco e ovviamente, nella Punk Rock music. Mondi apparentemente inconciliabili, che i Blondie plasmano a proprio piacere con disarmante semplicità, implementando quello slancio votato ad un approccio visivo ammiccante che farà scuola – infatti, si muovevano in quegli anni i primi (veri) passi nell’utilizzo del videoclip come traino estetico.
La Harry ha sempre potuto contare su una sensualità languida, sottolineata in maniera netta nell’approccio al palco; eppure, nonostante la sua bellezza magnetica, commetteremmo un errore se pensassimo di essere al cospetto di una stella minore rispetto alle storiche sacerdotesse del Rock (Chris Hynde o Patti Smith). Tutt’altro, e vi basterà riascoltare oggi un brano come “Atomic” per rendersene conto.
Eppure a distanza di oltre quarant’anni dai loro inizi la band americana ha ancora qualcosa da dire e lo fa a suo modo con il nuovo Pollinator. Se il singolo “Fun”, li ha fatti tornare al centro della ribalta internazionale, che per i fan non hanno mai abbandonato, lo scorrere del tempo ha inoltre suggerito alla band un ritorno alle influenze degli esordi: pensiamo alle collaborazioni con Laurie Anderson in “Doom or Destinty” e Joan Jett in “When i gave up on you”.
Per questo album, seguito ideale di “Ghost of download” (2014), la band americana ha deciso di avvalersi degli stessi studi (“Magic Shop”) che il duca bianco David Bowie aveva usato per incidere gli ultimi suoi due album, prima della rimpianta dipartita. La vera chicca dell’album è però rappresentata dall’omaggio a uno dei miti della Harry, ovvero Johnny Marr: sorprendente la partecipazione alla scrittura e all’esecuzione del brano “My Monster” da parte dell’ex chitarrista degli Smiths. Anche in questo caso ci troviamo di fronte ad un omaggio, quello alla pacata rivoluzione che Marr e Morrissey negli anni ottanta portarono avanti nel panorama rock; e sorprendentemente Debbie Harry sembra trovarsi alla perfezione tra le evoluzioni sonore di un Marr davvero ispirato come non gli capitava da anni.
Insomma davvero un buon disco, strutturato ma meravigliosamente attuale. I Blondie dimostrano così di non aver perso la capacità di calarsi perfettamente nell’humus culturale dei tempi odierni, senza perdere mai di vista da quale porto ci si è imbarcati. Deborah Harry e compagni non vogliono proporsi solamente come usato sicuro, ma come protagonisti di un panorama musicale che a volte sembra davvero piatto. E a noi non rimane che augurare loro di mantenersi su questi livelli.