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9 giugno 2017 | righteous babe | righteousbabe.com |
Paladina della musica indipendente, con alle spalle una carriera ormai lunga ventisette anni, Ani DiFranco torna in questi giorni con un nuovo album intitolato “Binary“.
Dualismo quindi, non come conflitto ma come scambio, in una dimensione del tutto nuova per la prolifica e controcorrente artista di Buffalo. L’atteggiamento verso la società si muove verso una maggiore vicendevolezza non solo nell’approccio ma soprattutto nella musica. Lo stile deflette dal folk per abbracciare il funk e un jazz dalle tinte world. Le ragioni di questo scostamento hanno radici a New Orleans e dei nomi e cognomi: Maceo Parker, sassofonista di fama mondiale, e Tchad Blake, al quale la DiFranco ha lasciato la produzione dell’album – altro primato che troviamo in questo lavoro.
Che la nostra Ani abbia ritrovato la fiducia nell’umanità? Sembrerebbe proprio di sì. Non mancano le critiche e la netta affermazione dei propri ideali, ma il tutto avviene cercando il confronto e non lo scontro.
“Pacifist’s Lament” è il compendio tematico di tutto il disco. Inno al pacifismo, non quello hippie ma quello quotidiano, dei rapporti tra le persone, tra amanti e familiari. La ribellione assoggettata all’individualismo si trasforma in ricerca di soluzioni da costruire con gli altri (“Play God”). Dirlo con le parole è un conto, ma il tutto si complica se manca la giusta correlazione musicale che in questo caso, per fortuna, è presente.
Il disco infatti è armonico e uniforme, con il giusto equilibrio tra testi e sonorità. In “Zizzing” alla classe di Ani si affianca quella di Justin Vernon e il risultato è un brano di un’elegante complessità, diremmo quasi radical chic. Si viaggia sempre sul confine tra racconto di vita ed enunciazione filosofica. La title track “Binary” spinge sull’interiorità, sulla coscienza come circuito, come serie di connessione con gli altri. Questa predisposizione “social” influisce anche sul canto. Tutti i brani sono declinati positivamente e la voce della DiFranco ha un’intonazione molto più solare.
Una nota di merito va assegnata al brano in chiusura “Deferred Gratification” in cui tromba e archi ci trasportano in una dimensione d’intensità tale che quasi ci si commuove senza sapere il perché.
Anche in questo “Binary” Ani DiFranco riesce a suscitare emozioni nascoste, quelle più semplici che solitamente teniamo chiuse dentro l’armadio. Riesce ad aprire le ante del nostro animo con uno stile diverso ma con la solita eleganza. La sua storia ci dice come da sempre sia considerata icona del femminismo musicale e da questo ultimo lavoro la sua reputazione ne esce rafforzata. In una visione gattopardesca della sua carriera potremmo dire: “ben venga se tutto cambia per rimanere com’è”.