Ride – Weather Diaries

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Sulla scia delle recenti reunion che hanno visto il ritorno di buona parte degli alfieri del movimento “Shoegaze” – le quali non sempre hanno prodotto i frutti sperati, basti pensare all’ultimo album dei Jesus & Mary Chain (“Damage and Joy”) –, anche i Ride, ufficialmente riuniti nel 2014, tornano con un nuovo lavoro a circa vent’anni dal loro scioglimento.

Paladini dello “Shoegaze” insieme a gruppi come My Bloody Valentine, Telescopes, Lush – per la cronaca, il termine “Shoegaze”” è stato coniato dalla rivista NME proprio in una recensione di un concerto dei Ride, descrivendone così l’atteggiamento distaccato, mai con lo sguardo rivolto al pubblico ma sempre sui propri piedi –, i Ride con “Weather Diaries” tornano alla grande.

Accantonate le rispettive carriere dei membri dei gruppo – in particolare molto fortunata quella di Andy Bell, al basso con gli Oasis e successivamente fondatore insieme a Noel Gallagher dei Beady Eye, meno quella del sodale Mark Gardener (un solo disco da solista, il trascurabile Send Away the Ghosts) –, i Ride ripartono da quella che è stata la formula vincente del loro disco d’esordio.

Affogare melodie à la Birds in un oceano di suoni distorti.

Mentre nel loro primo lavoro (“Nowhere“) il suono era fortemente caratterizzato dall’impatto chitarristico –  o come diceva Andy Bell in una vecchia intervista: assomigliano ai Byrds in acido con i Sonic Youth –, in Weather Diaries le dinamiche si fanno più articolate; dunque non solo chitarre – che peraltro non mancano, basti ascoltare ad esempio la coda finale della bellissima Weather Diaries ,– ma anche campionamenti e sampler.

Una trasformazione riconducibile anche all’innesto del nuovo produttore Erol Alkan, dimostratosi un vero maestro nella creazione di fantasiosi scenari futuristici: cosa già messa in mostra con il progetto “Beyond The Wizard’s Sleeve”. Alkan ha plasmato la propria estetica direttamente sullo scheletro compositivo dei Ride, evaporando le chitarre e dando sfogo ad un panorama sonoro più arioso e arredato da synth analogici.

Il risultato è un disco molto vario e compatto, capace di far convivere la melodia – l’iniziale “Lannoy Point” e la bellissima “Home is a Feeling” – con i tempi più veloci e ritmati della sferragliante “Lateral Alice” molto vicina a certi Black Rebel Motorcycle Club – quindi ai Jesus & Mary Chain.

La traccia omonima viaggia a braccetto certi Doves – periodo “The Last Broadcast” –, mentre la conclusiva “White Sands London Town” lascia emergere tutta qualità del gruppo; almeno tre canzoni fuse in una, con cambi di tempo continui ed un Laurence Colbert (alle pelli anche anche con i Supergrass) sugli scudi. Un disco che stupisce, inaspettato e davvero gradito.

Data:
Album:
Ride - Weather Diaries
Voto:
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