RockLab celebra “l’anno del blues”
presentandovi 10 recensioni dettagliate di altrettanti dischi che noi
consideriamo “da riscoprire”: Si tratta di album prodotti
da artisti magari poco noti al grande pubblico che non mastica molto
di blues ma che hanno avuto una importanza capitale nello sviluppo e
nella diffusione della musica del diavolo. Assieme alla descrizione
dell’album in questione sono presenti anche ampie note biografiche
di ognuno di essi in modo da fornire una visione più chiara delle
origini della loro opera. Come sempre questo “speciale”
non ha alcuna presunzione di esaustività ma vuole solo dare un
piccolo spaccato dall’immenso e variegato mondo del blues. Buona
lettura e buon divertimento.
YEAR
OF THE BLUES
Un giorno non meglio precisato del 1903 il musicista William
Christopher Handy in attesa di un treno nella stazione ferroviaria
di una piccola località del Mississippi, Tutwiler, si imbatte
in un uomo che suonava la chittarra premendo le corde con un coltello;
da quella rudimentale chitarra proveniva un suono lento e malinconico,
una sorta di lamento che Handy definì come “Il
suono più magico che avessi mai ascoltato”.
Era un blues. Da allora sono passati esattamente 100 anni e oggi per
festeggiare questo prestigioso anniversario il 2003 è stato nominato
“Anno del Blues” dal congresso degli Stati Uniti d’America.
La motivazione ufficiale è “l’enorme
importanza che il blues ha avuto nella crescita sociale americana e
il suo continuo impatto sulla storia musicale e culturale non solo dell’America
ma di tutto il mondo”. Per celebrare questo “compleanno”
le due associazioni che patrocinano l’iniziativa ( rispettivamente
l’Experience Music Project e la Blues Foundation) hanno organizzato
una vasta serie di iniziative in tutti gli Stati Uniti. Tra esse ci
sono festival musicali, una mostra itinerante, corsi e seminari nelle
scuole con la presenza dei più grandi bluesmen viventi. Per chi
volesse sapere nel dettaglio tutte le iniziative che celebrano l’
“Years of the Blues” c’è a disposizione un bellissimo
sito all’ indirizzo
www.yearoftheblues.org. Inoltre in occasione dello
YOTB il famoso regista Martin Scorsese ha deciso di realizzare una serie
di 7 film-documentari dedicati al blues avvalendosi della collaborazione
di alcuni dei registi più acclamati di Holliwood e della partecipazione
di numerosi musicisti anche non blues. Lo stesso Scorsese spiega così
la sua iniziativa: “Ho sempre sentito
affinità con la musica blues – la cultura del raccontare attraverso
la musica è incredibilmente affascinante e mi attrae, il blues
ha una grande risonanza emotiva e queste sono le basi della musica popolare
americana.” Le parole del noto regista spiegano alla
perfezione il ruolo che il blues ha avuto nello sviluppo di tutta la
cultura musicale, e non solo, americana. I profani del genere potranno
chiedersi “ma perché il blues è così importante?”.
Rispondere a questa domanda è al tempo stesso facile e difficile.
Semplificando il discorso al solo panorama musicale possiamo dire che
il blues ha dato vita, o ha influenzato, tutti i tipi di musica popolare
che arrivano dagli USA partendo dal jazz per arrivare al rock &
roll. Queste sono solo le parentele più prossime del blues ma anche
generi apparentemente lontani da esso come il country devono molto alla
musica del diavolo. La musica dei cowboy nasce all’incirca nella
seconda metà degli anni ’20 quando Jimmie Rodgers, un bianco
originario dello stato del Mississippi, incise quello che può
essere considerato il primo brano country di sempre “ Blue Yodel”.
Questa celebre canzone è palesemente basata su una architettura
tipica del blues dell’epoca con l’aggiunta di qualche “urlo
da cowboy” alla fine di ogni verso. Questo in realtà non
era ancora il vero country ma una sorta di ibrido, la scissione avvenne
quando il leggendario Hank Williams sr. plasmò quella che poi
diventerà la musica tipica dei cowboy, anche lui comunque paga
dazio al blues basando le sue prime incisioni sulla tipica struttura
dei brani blues ( 1,2,3,4 – 2,2,3,4 – 3,2,3,4 – 4,2,3,4). Prendiamo
inoltre 2 tra i massimi esponenti della musica folk bianca e del country
come Willie Nelson e Doc Watson, nelle loro registrazioni sono numerosissimi
i brani blues. Si potrebbe andare avanti all’infinito con le assonanze
tra la musica del diavolo e gli altri generi musicali che da essa derivano
ma io invece vorrei soffermarmi maggiormente sull’importanza che
il blues ha avuto nelle cultura sociale americana. Ricordiamo infatti
che i primi bluesmen erano schiavi o persone ridotte in schiavitù
( la differenza esiste non è un errore). Con il blues essi lanciavano
il loro grido di dolore, cantavano la loro sofferenza e denunciavano
le tremende condizioni di vita a cui erano obbligati. Con la diffusione
dei primi dischi, e delle radio dedicate, questo loro messaggio poté
così giungere anche a quella fetta di popolazione che ignorava
, o fingeva di ignorare, questa enorme disparità sociale. Non
è un caso infatti che le rivoluzioni studentesche degli anni
’60, i primi movimenti per l’uguaglianza sociale e via dicendo
fecero come loro portabandiera i vecchi bluesmen del Delta: Ci furono
delle vere e proprie spedizioni di giovani ricercatori che andarono
nei piccoli centri del Mississippi e della Louisiana alla ricerca di
personaggi leggendari. Molti di essi furono ritrovati e ebbero l’occasione
di incidere nuovamente le loro vecchie canzoni e di comporne di nuove.
Questo periodo viene ricordato come il “Blues Revival” e
grazie ad esso sono giunte fino a noi le opere di grandi bluesmen che
altrimenti sarebbero stati per sempre dimenticati: parlo di gente del
calibro di Mississippi Fred McDowell, Sleepy John Estes, Bukka White,
Skip James, Mississippi John Hurt e molti altri. Tutti musicisti che
hanno profondamente influenzato le giovani leve di songwriter americani
e inglesi (per non parlare degli stessi bluesmen del periodo). Bob Dylan,
Neil Young, Joan Baez, Led Zeppelin, Rolling Stones, Cream, Hendrix,
Gratefull Dead, Jefferson Airplane, Doors, Credence Clearawter Revival,
Allman Brothers Band, sono solo alcuni dei nomi che da questi giganti
hanno tratto ispirazione. Band e artisti diversi tra loro ma accomunati
dalle stesse radici musicali derivanti dal blues. Da essi hanno ereditato
non solo le basi musicali ma lo spirito di denuncia e ribellione che
è sempre stato alla base della musica del diavolo. E’ infatti bene non
dimenticare come la musica rock ha sempre avuto nel corso degli anni
una parte molto importante nelle rivoluzioni sociali e civili, siano
esse state di denuncia dei soprusi o di eliminazione di vecchi tabù
sessuali che opprimevano le coscienze dei giovani. Le suddette sono tutte
caratteristiche ereditate dal blues a sottolineare ancora una volta
l’enorme importanza di questa musica. Ora nell’era dei computer
e dell’elettronica molti lo definiscono antiquato, vecchio, stantio, superato
ma a distanza di un secolo nonostante tutto ci sono ancora giovani uomini
e giovani donne che si siedono da soli con una chitarra e una armonica
a cantare la loro sofferenza, le loro paure e le loro gioie, incubi
e sogni. E’ passato un secolo da quel giorno a Tutwiler, gli alfieri
della nuova musica vanno e vengono a una velocità impressionante.
Nuovi generi musicali additati come la “musica del futuro”
nascono e muoiono nel giro di pochi anni, ed il blues è sempre
li che guarda tutti dall’alto della sua saggezza. Muddy, Robert,
T-Bone, Howlin Wolf, John Lee, Albert, Stevie Ray saranno tutti li a
guardar giù e a farsi una grassa risata vedendo le nuove stelle
patinate del rock atteggiarsi come innovatori e geni assoluti salvo
poi sparire di scena nel giro di un paio di anni. Ne possono dire di
tutti i colori contro la musica del diavolo ma se dopo un secolo questa
è ancora viva e vegeta un motivo ci sarà; questi giganti
della musica lo sapevano e al blues hanno dedicato tutta la loro vita,
ottenendo in cambio la gratitudine eterna di noi amanti delle “12
battute”. Sarebbe bello se questo compleanno speciale aiutasse
un mondo della musica ,sempre schiavo dei soldi e dell’immagine, a
capire che alla fine alla base della musica c’è sempre
il sentimento, che l’arte arriva dal cuore non da un rotondo fondoschiena,
che per fare grande musica non servono lauree in ingegneria o travestimenti
da clown. Ma in fondo anche se questi semplici concetti non verranno
capiti poco importa, il blues sopravviverà sempre perché
la tecnologia potrà fare miracoli, le radio e le tv potranno bersagliarci pure con la loro musica di plastica ma fino a quando le persone
avranno un’anima ci sarà sempre qualcuno che suonerà
il blues. Buon compleanno a nome di tutto RockLab vecchio e insuperabile
maestro, anche chi ti snobba e deride ti deve tutto, e tu lo sai.
LEGGI
LA STORIA DEL BLUES TRAMITE 4 PUNTATE
CHE NE RIPERCORRONO LA STORIA
#1 PUNTATA – 1920-1940
#2
PUNTATA(1°pte) – Il
Chicago Blues e la svolta elettronica 1940-1970
#2
PUNTATA(2°pte) – Il
Chicago Blues e la svolta elettronica 1940-1970
#3
PUNTATA – British
Blues
#4
PUNTATA(1°pte) – Dagli
anni 70 ai giorni nostri
#4
PUNTATA(2°pte) – Dagli
anni 70 ai giorni nostri