Heart & Soul – Cuore ed anima. Non è solo il titolo di una bellissima canzone di Willy DeVille, ma è soprattutto quello che Willy ci ha donato contornato da rose bianche, che come sua abitudine al termine del concerto ha lanciato al pubblico femminile.
Ma andiamo per ordine
Aprono la serata i Black Days, un gruppo spezzino che ha provveduto a scaldare l’ambiente con il suo blues grintoso e tirato.
Al loro attivo hanno già due cd autoprodotti, contenenti tutti pezzi composti da loro stessi, ed una sola cover. Con mia sorpresa si presentano come quartetto, causa la defezione (spero momentanea) del cantante e frontman Big Bini. PierFranco all’armonica, Paolo voce solista e chitarra, Agostino al basso ed Alessandro alla batteria hanno comunque sopperito egregiamente alla mancanza del quinto elemento (seppur con qualche incertezza qui e là della chitarra). In generale comunque certamente una buona prova,i ragazzi dimostrano la giusta grinta con un paio di individualità (armonica e batteria) davvero degne di nota.
Dopo venti minuti di attesa, arriva sul palco Willy DeVille, visibilmente affaticato (ha suonato a Cagliari, la sera prima, e la fatica per il viaggio ed il caldo è evidente) e la band, composta da David Keyes (contrabbasso e coro), Steve Conte (chitarre), Boris Kinberg (percussioni), Madonna e Dorene Wise (cori). Willy si presenta appoggiato ad un bastone, la fatica che gli segna il viso già spigoloso per natura, e temiamo di assistere ad uno show fiacco. Ma non sarà così, fin dalla prima strofa, veniamo catturati dalla magia della voce di DeVille, più bella ed intensa che mai. Ha voglia di cantare, ha voglia di divertire, ed è accompagnato da un gruppo che lo sostiene meravigliosamente. La scaletta presenta in prevalenza brani suoi, e ci fa ripercorrere la sua intera carriera, essendo pescati qui e là da quasi ogni suo album, solista o con i Mink DeVille, da Cabretta in poi. Le cover sono poche, fortunatamente ascoltiamo una stupenda Hey, Joe! interpretata alla sua maniera, parlata più che cantata, e Across the borderline, bellissimo pezzo di Ry Cooder, resa splendidamente dalla classe di Willy DeVille.
Ogni tanto io e Reda scambiamo qualche sguardo, e vedo che anche lui si sta divertendo. Ne ho la conferma definitiva quando inizierà a lanciarsi in assordanti gorgheggi messicani, in risposta a quelli di Willy !
La prima song offerta è “Venus of Aveneu D.”, si capisce che Willy è in grande serata e si cimenta pure in un assolo alla chitarra elettrica. Segue una grandiosa “One Night of a Sin” un classico del suo repertorio , soliti suoni che profumano di Messico e di blues, un mix favoloso tra culture differenti come solo Willy sa fare, la sua prova vocale inoltre è da brividi come sempre. Seguono a ruota tra una sigaretta e un sorso d’acqua “ When your Baby Calls you on the Phone”, “Running Trough the Jungle” e “ Lay me Down Easy”. Arriviamo così al momento clou del concerto: Willy ora ci regala un tris davvero da brividi: si parte con la grandiosa “Bamboo Road”, il suo superclassico è sempre eccezionale,. Atmosfera latina e voce appassionata creano una atmosfera magica. Dopo tanta magia Willy si ributta a capofitto nel blues con la superba “Steady Drivin’ Man” con Willy scatenato all’armonica; grande pezzo, un blues elettrico, sporco e indiavolato con DeVille che sbraita nel microfono, la sua voce più roca e demoniaca che mai riempie tutta la piazza trasportandoci direttamente tra le umide paludi del Mississippi.Tocca ora a “Carmelita”: La song di Warren Zevon (che gia avevamo apprezzato nel magnifico Live in Berlin) è più coinvolgente a magica che mai. Willy ama i suoni che profumano di Messico e la sua performance è davvero da incorniciare. Dopo una bella “Bacon Fat”- canzone dalla forte impronta cajun composta da Andre Williams- Willy si cimenta in “Across the Borderline”: il grande classico di Ry Cooder è eseguito in maniera impeccabile con una bellissima prova al mandolino di Steve Conte e dello stesso Willy alla slide elettrica. Si passa ora ad atmosfera più soul oriented con “Can’t do Without it”. Questa versione nonostante l’assenza nel sax è di grande livello e la prova vocale di DeVille è davvero fantastica quando si lancia nel ritornello. E’ ora il momento di uno dei brani più belli del suo repertorio la celebre “Heart & Soul”, la canzone che è un po’ il suo marchio di fabbrica. Come sempre la sua interpretazione è impeccabile riuscendo a farci compiere l’ennesimo viaggio questa volta direttamente nelle assolate lande messicane. Viaggio che continua con una infuocata “Spanish Stroll”, ritmo di mambo spruzzato di soul e grinta da vendere sono le ricette di questo grande brano che conclude la prima parte del concerto.
Willy ora si prende una pausa di qualche minuto per riapparire poi sul palco dicendo “ scusate dovevo chiamare mia madre….anche io ho una mamma”! Grande personaggio! Richiama la band sul palco e ci regala sua favolosa versione di “Hey Joe”. Il classico henrixiano è rivisto in chiave latina ( e lo ha fatto prima che questo diventasse una moda!), più che una cover si tratta di una vera canzone autografa del nostro tanto è particolare e affascinante. Ancora una pausa di qualche minuto e poi la band ritorna di nuovo sul palco per regalarci una splendida “ Who’s Gonna Shoe Your Pretty Little Foot” un grande blues acustico impreziosito dal coro femminile. Ancora una volta la performance di Willy è da manuale. La band saluta e se ne va questa volta sembra davvero finita ma al nostro rimangono ancora energie sufficiente per un paio di brani e dopo qualche minuto ricompra tra l’ovazione del pubblico entusiasta (stranamente le coriste sono rimaste fuori dal palco però..). DeVille ringrazia a modo suo con il torrido rock&roll di “All By Myself” e di “Save the Last Dance for me” prima di chiudere definitivamente con quella che sembra essere “How Many Arms Have Tied You” un classico di Louis Armstrong. La versione di DeVille è talmente particolare da rendere irriconoscibile il brano . iI chiude con il classico lancio di rose bianche al pubblico femminile. Il concerto è durato abbastanza poco ( 1 ora e 20 minuti circa) ma la prova di Willy DeVille è stata maiuscola; nonostante fosse visibilmente provato dalle fatiche della serata precedente il nostro non si è risparmiato, in ogni canzone eseguita ci ha messo tutto se stesso come solo i grandissimi sanno fare. La sua voce è un qualche cosa di davvero unico, talmente espressiva e carica che da sola basterebbe a tenere viva tutta la serata. Davvero uno splendido concerto.
Ma andiamo per ordine
Aprono la serata i Black Days, un gruppo spezzino che ha provveduto a scaldare l’ambiente con il suo blues grintoso e tirato.
Al loro attivo hanno già due cd autoprodotti, contenenti tutti pezzi composti da loro stessi, ed una sola cover. Con mia sorpresa si presentano come quartetto, causa la defezione (spero momentanea) del cantante e frontman Big Bini. PierFranco all’armonica, Paolo voce solista e chitarra, Agostino al basso ed Alessandro alla batteria hanno comunque sopperito egregiamente alla mancanza del quinto elemento (seppur con qualche incertezza qui e là della chitarra). In generale comunque certamente una buona prova,i ragazzi dimostrano la giusta grinta con un paio di individualità (armonica e batteria) davvero degne di nota.
Dopo venti minuti di attesa, arriva sul palco Willy DeVille, visibilmente affaticato (ha suonato a Cagliari, la sera prima, e la fatica per il viaggio ed il caldo è evidente) e la band, composta da David Keyes (contrabbasso e coro), Steve Conte (chitarre), Boris Kinberg (percussioni), Madonna e Dorene Wise (cori). Willy si presenta appoggiato ad un bastone, la fatica che gli segna il viso già spigoloso per natura, e temiamo di assistere ad uno show fiacco. Ma non sarà così, fin dalla prima strofa, veniamo catturati dalla magia della voce di DeVille, più bella ed intensa che mai. Ha voglia di cantare, ha voglia di divertire, ed è accompagnato da un gruppo che lo sostiene meravigliosamente. La scaletta presenta in prevalenza brani suoi, e ci fa ripercorrere la sua intera carriera, essendo pescati qui e là da quasi ogni suo album, solista o con i Mink DeVille, da Cabretta in poi. Le cover sono poche, fortunatamente ascoltiamo una stupenda Hey, Joe! interpretata alla sua maniera, parlata più che cantata, e Across the borderline, bellissimo pezzo di Ry Cooder, resa splendidamente dalla classe di Willy DeVille.
Ogni tanto io e Reda scambiamo qualche sguardo, e vedo che anche lui si sta divertendo. Ne ho la conferma definitiva quando inizierà a lanciarsi in assordanti gorgheggi messicani, in risposta a quelli di Willy !
La prima song offerta è “Venus of Aveneu D.”, si capisce che Willy è in grande serata e si cimenta pure in un assolo alla chitarra elettrica. Segue una grandiosa “One Night of a Sin” un classico del suo repertorio , soliti suoni che profumano di Messico e di blues, un mix favoloso tra culture differenti come solo Willy sa fare, la sua prova vocale inoltre è da brividi come sempre. Seguono a ruota tra una sigaretta e un sorso d’acqua “ When your Baby Calls you on the Phone”, “Running Trough the Jungle” e “ Lay me Down Easy”. Arriviamo così al momento clou del concerto: Willy ora ci regala un tris davvero da brividi: si parte con la grandiosa “Bamboo Road”, il suo superclassico è sempre eccezionale,. Atmosfera latina e voce appassionata creano una atmosfera magica. Dopo tanta magia Willy si ributta a capofitto nel blues con la superba “Steady Drivin’ Man” con Willy scatenato all’armonica; grande pezzo, un blues elettrico, sporco e indiavolato con DeVille che sbraita nel microfono, la sua voce più roca e demoniaca che mai riempie tutta la piazza trasportandoci direttamente tra le umide paludi del Mississippi.Tocca ora a “Carmelita”: La song di Warren Zevon (che gia avevamo apprezzato nel magnifico Live in Berlin) è più coinvolgente a magica che mai. Willy ama i suoni che profumano di Messico e la sua performance è davvero da incorniciare. Dopo una bella “Bacon Fat”- canzone dalla forte impronta cajun composta da Andre Williams- Willy si cimenta in “Across the Borderline”: il grande classico di Ry Cooder è eseguito in maniera impeccabile con una bellissima prova al mandolino di Steve Conte e dello stesso Willy alla slide elettrica. Si passa ora ad atmosfera più soul oriented con “Can’t do Without it”. Questa versione nonostante l’assenza nel sax è di grande livello e la prova vocale di DeVille è davvero fantastica quando si lancia nel ritornello. E’ ora il momento di uno dei brani più belli del suo repertorio la celebre “Heart & Soul”, la canzone che è un po’ il suo marchio di fabbrica. Come sempre la sua interpretazione è impeccabile riuscendo a farci compiere l’ennesimo viaggio questa volta direttamente nelle assolate lande messicane. Viaggio che continua con una infuocata “Spanish Stroll”, ritmo di mambo spruzzato di soul e grinta da vendere sono le ricette di questo grande brano che conclude la prima parte del concerto.
Willy ora si prende una pausa di qualche minuto per riapparire poi sul palco dicendo “ scusate dovevo chiamare mia madre….anche io ho una mamma”! Grande personaggio! Richiama la band sul palco e ci regala sua favolosa versione di “Hey Joe”. Il classico henrixiano è rivisto in chiave latina ( e lo ha fatto prima che questo diventasse una moda!), più che una cover si tratta di una vera canzone autografa del nostro tanto è particolare e affascinante. Ancora una pausa di qualche minuto e poi la band ritorna di nuovo sul palco per regalarci una splendida “ Who’s Gonna Shoe Your Pretty Little Foot” un grande blues acustico impreziosito dal coro femminile. Ancora una volta la performance di Willy è da manuale. La band saluta e se ne va questa volta sembra davvero finita ma al nostro rimangono ancora energie sufficiente per un paio di brani e dopo qualche minuto ricompra tra l’ovazione del pubblico entusiasta (stranamente le coriste sono rimaste fuori dal palco però..). DeVille ringrazia a modo suo con il torrido rock&roll di “All By Myself” e di “Save the Last Dance for me” prima di chiudere definitivamente con quella che sembra essere “How Many Arms Have Tied You” un classico di Louis Armstrong. La versione di DeVille è talmente particolare da rendere irriconoscibile il brano . iI chiude con il classico lancio di rose bianche al pubblico femminile. Il concerto è durato abbastanza poco ( 1 ora e 20 minuti circa) ma la prova di Willy DeVille è stata maiuscola; nonostante fosse visibilmente provato dalle fatiche della serata precedente il nostro non si è risparmiato, in ogni canzone eseguita ci ha messo tutto se stesso come solo i grandissimi sanno fare. La sua voce è un qualche cosa di davvero unico, talmente espressiva e carica che da sola basterebbe a tenere viva tutta la serata. Davvero uno splendido concerto.