Pistoia Blues Festival 2004

Il Pistoia Blues Festival giunge alla sue venticinquesima edizione;un traguardo importante, una meta che spinge noi appassionati ad alcune riflessioni. Proprio con queste ultime voglio aprire il mio racconto di questa 3giorni musicale nella splendida cittadina toscana: Purtroppo questa edizione 2004 del celebre festival blues sarà ricordata dagli appassionati più per le note negative che per quelle positive. Innanzi tutto gli organizzatori, evidentemente in crisi economica, continuano con la triste tradizione,iniziata nella seconda metà degli anni 90, di inserire artisti che col blues hanno davvero poco o niente a che spartire. Già in passato avevamo assistito alle performance dei vari Dream Theatre, David Byrne, David Bowie, Lou Reed. Quest’anno tocca al G3 (Vai, Satriani,Fripp). Evidentemente chi comanda avrà fatto i suoi calcoli ma noi che amiamo il blues e che viviamo la piazza non possiamo fare a meno di porci qualche domanda: innanzi tutto sarà pur vero che questi nomi tirano gente ma è altrettanto vero che nelle serate dedicate totalmente al blues la piazza è sempre stracolma, che senso ha allora snaturare il festival? Non credo che i G3 costino meno, a livello di ingaggio, di un qualsiasi grande nome del blues, anzi forse è il contrario. Decidere poi di dedicare oltre 3 ore del venerdì alla loro performance è davvero inconcepibile. Il Pistoia Blues Festival si era costruito una bella reputazione: su questo palco si sono esibiti tutti i più grandi a partire da SRV fino a John Lee Hooker, Chuck Berry, Albert King, Albert Collins, Rory Gallagher, Ray Charles, Junior Weels, Frank Zappa, Fats Domino. Tutta gente che ora non c’è più ma che con la loro musica ha nobilitato il festival italiano. Gli artisti citati alcune righe sopra, sono certamente validissimi ma non c’entrano davvero nulla con il blues. Questi sono i discorsi che si sentivano in piazza il sabato dopo l’esibizione, tra l’altro pessima a detta della quasi totalità delle persone con cui ho parlato, dei G3. Che l’organizzazione del festival ci rifletta perché prima o poi il pubblico del blues si stancherà di pagare quasi 100€ per vedere solo 3 o 4 artisti di valore, e persi gli afecionados il festival morirà. Altro lato negativo è stata la totale mancanza di informazioni. Mi spiego meglio. Il venerdì sera doveva esibirsi Otis Rush nel secondo palco situato nella splendida cornice della fortezza medievale; purtroppo Otis è stato vittima di un grave malore e il concerto è stato annullato. Nessuno, ripeto nessuno dell’organizzazione si è premurato di avvertire il pubblico con un comunicato ufficiale, ci si è affidati al passaparola…. Ho molte altre critiche da rivolgere a questa venticinquesima edizione del festival ma le farò durante il racconto della tre giorni che vado subito ad iniziare:

VENERDI’ 16 LUGLIO

Come sempre mi reco al festival toscano accompagnato dal mio inossidabile zio Piero, in noi è ancora vivo il ricordo della bellissima edizione 2003 e quest’anno ci aspettiamo molto, i nomi in cartello promettono spettacolo. Giunti a destinazione e dopo una sana mangiata “toscana” ci dirigiamo in piazza del Duomo; il programma della serata prevede le esibizioni di Sonny Landreth, Buddy Guy e G3 nel palco principale mentre nel secondo palco, approntato nella suggestiva cornice della fortezza medievale Santa Barbara, si esibirà Otis Rush. Appena giunti in piazza notiamo che alla destra del palco è stata aggiunta una”discutibile” tribuna. Fortunatamente questa non toglie spazio perché è situata in una zona dove solitamente venivano messi i vari chioschi per birra, panini e cd, i quali sono stati spostati poco più indietro. Il concerto inizia con una mezzora di ritardo, Sonny si presenta sul palco con una classica formazione in trio. Esegue molti brani del suo ultimo, e bellissimo, “The Road We’re On” mettendo in mostra la solita immensa bravura alla chitarra slide che nelle sue mani diventa come una seconda voce. Purtroppo il nostro insiste troppo sui brani strumentali facendo perdere alla sua performance un po’ di grinta, i continui lunghissimi assoli, seppur perfetti e altamente godibili, alla lunga iniziano a stancare. Non capisco il perché di questa scelta; Landreth non sarà certo un cantante eccezionale ma comunque sa il fatto suo e i brani dove si cimenta anche alla voce sono sicuramente i più emozionanti. Probabilmente Sonny soffre una certa mancanza di personalità da leader, è un musicista eccezionale ma non un frontman e questo si nota. Il concerto è comunque molto piacevole e il nostro se ne va tra i meritati applausi. E’ ora il momento di quello che rappresenta la attrattiva numero uno, almeno per chi ama il blues, di questa edizione del festival vale a dire il grandissimo Buddy Guy, una delle ultime leggende viventi dell’epoca d’oro del Chicago Blues. A lui si sono ispirati mostri sacri del livello di Hendrix e SRV tanto per fare due nomi. Buddy si presenta sul palco col solito sorriso, decisamente invecchiato nell’aspetto con i capelli ormai completamente grigi ma con una forza vitale davvero contagiosa, ogni suo gesto riflette il suo immenso amore per il blues. Appena imbracciata la sua Stratocaster a pois rompe una corda , ci fa una risata sopra, cambia chitarra esegue due note e ancora la corda salta…Buddy scoppia a ridere e con lui tutto il pubblico, qualcun altro magari si sarebbe arrabbiato e avrebbe fatto scene da prima donna lui invece ci ride sopra. Giusto il tempo per cambiare nuovamente strumento e il nostro da il via allo spettacolo: parte subito alla grande con una irresistibile “Got My Mojo Working” che mette perfettamente in mostra la sua sensazionale voce così forte che da sola riempie tutta l’arena: una voce quasi da soulman che lascia davvero a bocca aperta. La versione del superclassico è da antologia con Buddy che gasa il pubblico dimostrando di essere un vero animale da palcoscenico. Dopo una partenza all’insegna dell’adrenalina arrivano gli slow che sono da sempre il pezzo forte del suo repertorio. Tra tutti segnalo le splendide “Feels Like The Rain” che supera ampiamente i 10 minuti di durata e “I Got The Blues” anch’essa lunghissima con Buddy che corre da una parte all’altra del palco come se non avesse quasi 70 anni ma appena 25. Nel mezzo i soliti numeri da funambolo con la chitarra suonata dietro la testa e in mezzo alle gambe e una escursione a piedi in mezzo alla piazza!!! Tornato sul palco il nostro chiude con un medley da brividi dove omaggia i miti e gli amici del passato da SRV (Texas Flood) a Hendrix (Voodoo Chile) a John Lee Hooker (una memorabile Boom Boom) passando per BB King (Rock Me) e il da poco scomparso Ray Charles. Una nota di merito anche alla band dove spicca il sassofonista davvero bravo. Dopo circa un’ora e mezza Buddy saluta e se ne va. Ci ha regalato un concerto memorabile dimostrando che l’amore per la musica non conosce età. Ora sarebbe il turno dei G3 ma noi preferiamo spostarci alla fortezza Santa Barbara per vedere Otis Rush; in giro circolavano voci che lo show era stato annullato ma di note ufficiali neanche l’ombra per cui decidiamo di andare comunque a vedere. Giunti sul posto constatiamo che effettivamente il bluesman di Chicago non suonerà. Assistiamo così al concerto di Emiblues un ragazzo di Pistoia di grandissimo talento che ci regala comunque una piacevolissima ora di musica, noi siamo qui per il blues e siamo certamente più felici di vedere questi giovani che i G3 di cui davvero ci importa poco. Sta di fatto che l’organizzazione ha peccato ancora una volta.

SABATO 17 LUGLIO

La giornata di sabato è sulla carta quella più ricca di concerti ben 6. Purtroppo verso le 18 arriva la prima brutta notizia del giorno: Gary Moore non sarà presente sembra a causa di una infiammazione ad un tendine. E’ il secondo anno di fila che Gary da forfait all’ultimo minuto, sarà anche sfortunato ma onestamente spero che non lo richiamino più. Il suo posto viene preso dai Nine Below Zero che originariamente dovevano esibirsi solo nella Blues Arena. Ma torniamo ai concerti: Si parte con Joe Galullo bluesman nostrano attivo ormai da molti anni. La sua performance è ricca di energia e passione ma purtroppo penalizzata dal pessimo mix che lo rende quasi inascoltabile dalle tribune; le cose migliorano un po’ se ci si avvicina al palco ma il fastidio dei bassi troppo alti rimane, Un vero peccato e un problema che si era già presentato l’anno passato e che denota una mancanza di cura quando sul palco non ci sono nomi di primissimo piano, infatti il banco mixer era tristemente vuoto…E’ ora il turno dei Nine Below Zero: il loro è un concerto esplosivo incentrato su quel particolare mix tra blues, R&R e R&B che da oltre 25 anni li fa amare dagli appassionati del genere. Grandissima la prova del grande Alan Glen uno dei migliori armonicisti in attività, vera anima e trascinatore della band, non entusiasmante invece la prova del chitarrista e cantante Tennis Gealves che se come cantante è una garanzia come chitarrista invece lascia un po’ a desiderare. Poco male comunque perché nei NBZ la sei corde gioca un ruolo del tutto marginale lasciando ampiamente spazio all’armonica e alla sezione ritmica (Gerry McAvoy, basso, Brendan O’Neil batteria), quest’ultima anch’essa in grandissima forma. Ottimo concerto senza ombra di dubbio. E’ ora il turno di una vera leggenda del rock blues: il grande Alvin Lee. Devo ammettere che ero molto scettico sul suo riguardo; Alvin è stato un grandissimo ma ormai da troppi anni la sua carriera procede tra alti, pochi, e bassi, molti. Mi aspettavo uno show tutto incentrato sul virtuosismo del nostro e magari un pochino noioso e invece ho assistito ad un concerto a dir poco sensazionale. Alvin è ancora veloce e preciso come nel 1969 quando con i Ten Years After infiammava Woodstock, quando tocca le corde della sua chitarra, con impresso il segno della pace, quella che ne esce è vera poesia. Ma non è tutto, il nostro si conferma cantante di grande grinta e un frontman davvero navigato che sa infiammare il pubblico come pochi. Quando verso la fine dello show si lancia in un incredibile medley a base di R&R anni ’50 non c’è una sola persona in tutta la piazza che riesce a stare ferma e quando al termine del concerto saluta e si avvia nel backstage l’ovazione è davvero incredibile. Tutti quelli che hanno avuto la fortuna di assistere a questo spettacolo sono concordi nel ritenerlo, assieme a Buddy Guy, come il migliore di tutti e 3 i giorni. Lo ripeto ancora : Alvin Lee è stato a dir poco sensazionale!!!! Dopo un concerto simile il cuore di ogni vero amante della musica non può che scoppiare di gioia perché Alvin ci ha regalato oltre 1 ora di musica come raramente si sente al giorno d’oggi, una tecnica sopraffina unita ad una carica e ad una passione fuori dal comune. Abbiamo ritrovato uno dei grandi maestri della nostra musica e questo non può che renderci immensamente felici. Dopo questo meraviglioso concerto ci attende un’altra gradevolissima sorpresa,: Tolo Marton, presente tra il pubblico, sale sul palco, senza nessun preavviso, per riempire il vuoto causato dall’assenza di Moore e Rush e del tutto a sorpresa esegue 3 brani acustici di rara bellezza. Grandissimo Tolo non c’è altro da aggiungere, questo vuol dire amare veramente la musica. Dopo questa splendido siparietto tocca al Grande John Mayall uno degli artisti in assoluto più presenti al Pistoia Blues. Ho avuto l’occasione di vedere John in azione questo inverno a Milano e già allora mi aveva impressionato per come , nonostante i suoi 70 anni, sia ancora pieno di energia e in grado di regalare spettacoli di grande valore. Il mio giudizio viene confermato da questa sua performance , sempre bravissimo il chitarrista Buddy Whittington davvero un musicista fuori dalla norma. Mayall dal canto suo non si smentisce, suona l’armonica, le tastiere e la chitarra, canta e balla come un ragazzino. Una piccola nota di colore: il concerto di John inizialmente doveva svolgersi ad un’altra ora ma viste le assenze il programma è stato stravolto costringendo il personale tecnico ad un imprevisto cambio di strumentazione, per accelerare i tempi e non far attendere troppo il pubblico John e la sua band si sono uniti ai ragazzi del palco aiutandoli a spostare e sistemare strumenti, amplificatori e quant’altro. Una grande prova di umiltà e rispetto che solo i grandissimi sanno offrire. La serata si conclude con la show di SteveWinwood. L’ex ragazzo prodigio degli Spencer Davis Group e dei Traffic propone la sua classica miscela di rock psichedelico sempre molto efficace. Steve da spazio a tutto il suo enorme repertorio alternandosi tra tastiere\organo e chitarra. La voce è sempre la stessa di 30 anni fa , non ha perso un briciolo di espressività anzi forse ha guadagnato qualcosa diventando un po’ più versatile. Nel complesso davvero una bella prova di Winwood che chiude con una incendiaria versione di “Gimme So Lovin’” una delle canzoni simbolo di un’epoca irripetibile.

DOMENICA 18 LUGLIO

La giornata inizia nel primo pomeriggio quando alla Blues Arena si esibisce Guy Davis. La cornice è certamente ideale per uno spettacolo acustico come quello di Guy il quale si esibisce in solitaria accompagnato solo dalla chitarra e, in qualche occasione, dall’armonica. Prima dello show Davis si ferma a salutare il pubblico facendo foto e scambiando chiacchere con tutti, davvero un bel personaggio. Il concerto è bellissimo e ricco di fascino. Il nostro ripropone il blues delle origini interpretando brani di Robert Johnson come “Dust My Broom”, Sleepy John Estes, John Lee Hooker (Believe Loose My Mind) alternandoli a vecchi traditional e a brani suoi come “Steppin’ And Go”, “Robert Johnson Friends”, “Sho ‘Nuff Satisfied” e presentando anche un brano inedito che farà parte del suo nuovo album in uscita in inverno. Concerto bellissimo cui purtroppo non ha assistito molta gente , il blues acustico è una musica per pochi, certamente ostica per un pubblico più vicino a sonorità rock come quello presente a Pistoia. Peccato perchè un artista del calibro di Guy Davis meriterebbe ben altra platea che le poche decine di fan, comunque entusiasti, presenti a questo concerto. Ora ci dirigiamo verso il palco principale dove è in programma l’esibizione di Richrad Johnston. Purtroppo con nostro grande rammarico arriviamo quando ormai il concerto volge al termine: ancora una volta l’organizzazione del festival ci ha delusi mettendo i due eventi troppo vicini nel tempo. Ora è invece il momento di Jono Manson che offre un bel concerto a base di sano southern rock molto debitore alla ABB. Conoscevo Jono solo di nome ma mi ha fatto davvero un’ottima impressione, grande tecnica alla chitarra, una bella voce e canzoni dotate di un grandissimo groove. Arriviamo così al momento peggiore della 3 giorni musicale: l’esibizione della band del figlio di Santana. Un gruppo formato da 4\ 5 ragazzini che definire impresentabili è ancora poco, aggiungiamo che nel programma originale la loro esibizione non era prevista e nemmeno sono riuscito a capire se questa band ha un nome suo, se ha fatto dischi o altro. Sta di fatto che il figlio di Carlos è un improbabile tastierista e rapper, si rapper avete capito bene. I nostri infatti suonano un mix tra il rock latino e l’hip hop, una cosa talmente brutta da rasentare l’offensivo. Il cantate , o meglio dire il rapper di cui ignoro il nome, è a dir poco irritante così come Santana jr. Bravino il chitarrista. Diciamo le cose come stanno: se invece di essere figlio di Carlos questo ragazzo fosse stato figlio del benzinaio dietro l’angolo non avrebbe suonato nemmeno alle feste dell’Unità. Per dare un po’ di tono a questa penosa esibizione verso la fine entra sul palco anche Carlos che unisce la sua chitarra al marasma sonoro creato da questo pseudo gruppo. Caliamo un velo pietoso. Si chiude con lo show di Carlos Santana e le note negative continuano. Innanzi tutto il nostro propone perlopiù i brani più recent,i per cui i più brutti, e poi anche lui non è certamente in forma, nei primi 20 minuti di spettacolo sbaglia ben 3 assoli di fila!!!! A questo aggiungiamo che la mastodontica band che lo accompagna non è adatta ad una cornice come quella di piazza del Duomo o forse ancora una volta al mixer hanno combinato disastri. Sta di fatto che il suono risulta confuso, sovrapposto, quasi fastidioso e per la prima volta in vita mia dopo circa 45 minuti lascio la piazza. Quando è troppo è troppo!!

CONCLUSIONI

In conclusione devo dire che questa venticinquesima edizione del Pistoia Blues Festival è stata abbastanza deludente. Davvero mal organizzata, come dicevo all’inizio, e con una qualità degli artisti abbastanza deludente. Certo le assenze di Gary Moore e Otis Rush hanno pesato non poco ma non si può dedicare una giornata, quella di domenica, quasi interamente a Santana e alla sua famiglia e ben tre ore e mezza del venerdì al concerto dei G3 che tra l’altro sono stati anche fischiati. Non so, forse nella testa degli organizzatori c’è l’idea di trasformare questo festival, ma allora gli cambino il nome perché di blues quest’anno se ne è sentito davvero poco. Un vero peccato e una cosa abbastanza inspiegabile visto che negli ultimi anni il blues sta tornando prepotentemente alla ribalta e che parlando con molti dei presenti tutti erano lì per ascoltare le dodici battute. In Italia ci sono tanti festival estivi dove si possono esibire gli artisti pop rock, non vedo proprio perché bisogna snaturare un festival glorioso come quello di Pistoia invitando gente che col blues c’entra davvero poco. E non vengano a dire che è una questione di soldi perché ad esempio il sabato che è stato dedicato totalmente al blues la piazza era strapiena. Se si fa un festival blues serio e ben organizzato la gente ci viene, se si fanno pasticci come questo beh il futuro è alquanto nebuloso e incerto.

ARTISTI PISTOIA BLUES 2004
Alvin Lee
Buddy Guy
Carlos Santana
G3
Guy Davis
Jono Manson
John Mayall
Nine Below Zero
Otis Rush
Richard Johnston
Sonny Landreth
Steve Winwood