Marlene Kuntz: Ma-Ma-Marlene, è la migliore.

8 febbraio 2006
In un Circolo degli artisti al limite della sua capienza (e meno male che hanno programmato due date) prende le mosse in Roma lo S-Low Tour dei Marlene Kuntz, un tipo di tour diverso dagli altri per sonorità, appunto più morbide, e per intenzione (il fatto di suonare in piccoli club e sentire maggiormente il contatto col pubblico rispetto ai grandi palazzetti e ai palchi più spaziosi).
Il progetto in realtà era già nella mente di Godano da un po’ di tempo a questa parte, ma è servita la partecipazione a Storytellers su mtv, come ci rivela lo stesso frontman dei Marlene, a dare la stura a questo particolarissimo tour, e a far pensare al gruppo piemontese che tutto questo fosse possibile.
Ora, è evidente a tutti che almeno a partire da Ho Ucciso Paranoia i Marlene abbiano dato una svolta al proprio sound e al proprio songwriting, facendo leva sui tasti della raffinatezza, dell’intensità delle liriche e delle orchestrazioni, mitigando le umorali sonorità ruvide e sghimbesce de Il Vile, ma sempre rimanendo altro rispetto a chi malignamente li dipinge “più appetibili”.
Ed è proprio questo piatto che viene servito nello slow tour: intensità, raffinatezza, orchestrazioni più pensate e un suono più caldo e morbido, ma attenzione, per nulla acustico.
“La scommessa sta nel richiedere al pubblico un'attenzione particolare”, dice Godano.
Così, sarà perché i pezzi più memorabili che i Marlene abbiano prodotto da un po’ di dischi a questa parte sono raffinate e letterarie ballate rarefatte, sarà perché ho già visto quattro concerti dei Marlene tutti tirati a pieni volumi, sarà perché un artista (e Cristiano Godano e soci vanno considerati tali) deve sempre seguire il proprio piacere prima di tutto, sarà perché ti amo, ma questa dimensione slow sembra essere, e a tutti gli effetti si dimostra, la dimensione ideale dove i Marlene di oggi possano esibire i loro pezzi e i loro colpi migliori.
E chissà, magari una volta che la coercizione a ripetere dal vivo l’energia del vile sia ormai un rotto incantesimo, chissà che ai nostri non venga la pruderie di ridare fuoco alle micce soniche e di stuzzicare le api regine.
Per ora godiamoci la magnifica opportunità di vedere i Marlene un po’ come fossero agli esordi, su piccoli palchi di piccoli club, ma con la classe e l’esperienza di lungo corso di anni di mestiere. Le chitarre elettriche e l’effettistica sono tutte lì, ma è il repertorio a farsi più scelto e raffinato. Si mettono da parte i brani più rumorosi e arrembanti e si predilige l’esecuzione di quei brani che negli altri tour venivano trascurati proprio perché meno aggressivi. Ma le sorprese non mancheranno…
Si parte con una magnifica Lieve, un po’ come a dare il tono all’intera performance, ma già la coda è più tirata e noise rispetto alla versione da camera proposta nella recente apparizione su mtv, si capisce che i Marlene sentono la presenza dello zoccolo duro, e non lo vogliono far tornare a casa a mani vuote, ma coniugando rumore e sogno in una magnifica versione.
La lira di Narciso da Bianco sporco, brano (e disco!) perfetto per l’occasione, Godano svirgola un po’ sull’intensità dei suoni, facendosi prendere la mano e non tiene imbrigliata a dovere l’energia nell’apertura melodica (ed ora qui / nessun profumo sa di te…), è come se fosse tangibile l’indecisione tra il forte e il leggero, ma è un peccato veniale e suscita amore.
A chi succhia, perfetta nella sua rabbia trattenuta, che esplode a tratti, come il pezzo vuole, e non è secondario notare che forse in un contesto sonoro più pesante questo (magnifico) dualismo si sarebbe perduto. E ancora perfetta Schiele, che acquista dal vivo una consistenza ed un’intensità straordinaria, soprattutto grazie alla preziosa partitura di Luca Bergia e Gianni Maroccolo, che potenziano cadenzando l’incedere già madrigalesco del brano.
Godano annuncia una canzone “antica” e il pubblico viene turbato da fantasie catartiche, invece il disco prescelto è il Vile (ancora meglio) e in un attimo siamo di fronte all’attacco di Ti giro intorno, un brano meraviglioso che raramente i Marlene eseguono dal vivo: i fan di lungo corso sono in visibilio, il brano rende alla perfezione. Intanto il Circolo degli artisti sembra farsi sempre più piccolo, continua ad affluire folla verso il palco, ma il tutto sfocia in un’atmosfera calorosa e spontanea di cui forse i Marlene avevano bisogno. E infatti regalano al pubblico una vera chicca, Fuoco su di te, direttamente da Catartica: suonata con la giusta cattiveria e premendo a dovere, alla faccia dello S-Low Tour, alza anche un accenno di pogo, il pubblico risponde alla perfezione (anche i più giovani sembrano conoscere il testo), e la band non se lo fa chiedere due volte, rispondendo al fuoco. Come fare ora ad abbassare i toni? Semplice, con quello che ormai sembra essere diventato per il pubblico un perfetto anthem, La canzone che scrivo per te, che in questa versione permette di apprezzare a dovere le risorse non banali di cui è intessuta. Segue Serrande alzate con una bella coda noise e Infinità che gode delle chitarre piene e dell’intensità dei suoni bassi che questa veste le permette.
Ma il brano che ho trovato risponda meglio per caratteristiche e composizione a questo tipo di tour è Amen, da Bianco sporco, che dal vivo proprio nel suo ultimo terzo si carica di elettricità ed esplode di noise e calore in maniera davvero fantastica, uno spettacolo pirotecnico che a mio parere vale il prezzo del biglietto. L’inganno ripete il gioco della coda rumoristica, feedback baracche e burattini stile spore e il buon Gianni Maroccolo trapassa dallo sfumare della tempesta di rumore sull’attacco dilatato di una deliziosa Come Stavamo Ieri, ed è pura celebrazione. La band lascia il palco ma solo per ritornare pochi minuti dopo per i consueti bis. Si avvicendano il Lamento dello sbronzo, dove Cristiano si sfoga e schitarra a dovere, Bellezza, che qui ritrova la sua dimensione perfetta e migliore, e Nuotando nell’aria, sulla quale il Circolo degli artisti diventa un concerto di Vasco… mah! Forse si resta un po’ attoniti da tanta risposta, e forse anche Cristiano e soci la vivono un po’così, ma Godano ci sta, e teneramente fa bucare lo schermo del compassato suo solitario pensoso, per farsi spiazzare da tanto affetto.
E così i Marlene lasciano il palco, e l’idea che lasciano di sé è che avrebbero ancora potuto continuare a suonare per ore, tanto è stato godibile, magico e perfetto questo connubio con loro. Il pubblico ringrazia, sentitamente.

9 febbraio 2006
Autore: Francesco Sciarrone (Vamp)
Sui Marlene è stato detto tutto, ma mai abbastanza. Sono diversi, è vero, dal lontano 94, anno in cui Catartica appariva negli scaffali dei negozi di dischi. Alcune cose sono cambiate ( Viano, Dan Solo) altre cose si sono “S”cambiate (Maroccolo che è passato da dietro al mixer a dietro al basso), ma in realtà si è solo evoluto in un percorso artistico di tutto rispetto. Questo S-Low Tour sembra essere il punto della situazione, il riassunto prima di un nuovo capitolo di cui già si hanno le idee in mente. È un lieto evento che non giunge certo inaspettato. In molti hanno reso omaggio alle note (su tutti i CSI con Lieve) in veste “acustica”, e ogni loro brano (specie le ultime produzioni) ha sempre avuto un certo fascino e una certa predisposizione questo tipo di resa, a una resa “S-Low”. Mai parola fu più azzeccata per appellare un Tour. Low perché, perché i toni si smorzano, i distorsori graffiano meno (ma non per questo la grinta di Godano); e Slow non certo perché i brani vengono rallentati, ma perché l’atmosfera si fa soffice, intima, si annulla quel distacco dettato dalla transenna tra il palco e i suoi volumi e la folla e i suoi cori. In effetti stasera al circolo c’è quell’atmosfera casalinga che si respirava negli ultimi tour di Moltheni… Certo l’affluenza non è la stessa (e raramente io ho avuto in casa 250 persone che mi cantavano Lieve), ma lo “spirito” è quello. Un concerto seguito in un silenzio quasi religioso scosso solo da sommessi cori nei pezzi più trascinanti. Lo stesso silenzio con il quale si è portati a stare in un concerto dei Sigur Ros o di Nick cave. Si avverte e si rispetta la differenza del contesto: è la prima volta che ci capita di trovare i Marlene in questa veste; si tende a stare “composti” per non “sconcentrarli”, ma loro si dimostrano sin dalle prime note a loro agio in queste “rielaborazioni”. 2 serate intense, con una scaletta simile (anche se nella seconda data hanno eseguito un pezzo in più): un concerto di 90 minuti circa a cui non si poteva chiedere nulla di più. L’affiatamento dei 4 è sempre lo stesso, Maroccolo al basso, col suo tocco caldo e tondo si è inserito perfettamente. Chi meglio di lui. Il primo che ha veramente creduto nell’MK, poteva del resto essere il nuovo bassista? Da “Grande Vecchio” (scusa per il vecchio Gianni) della musica ha (e)seguito i brani senza scomporsi, comodamente adagiato sul suo amplificatore come chi di concerti ne ha fatti davvero molti. Poco distante da lui Luca versava sudore sulla batteria… Che batterista gente! Ce ne sono di tecnicamente bravi come lui (quello dei Subsonica è un metronomo umano) ma la sua marcia in più è la creatività e la cura dei suoni, e chi avrà notato “sfumature” comei piccoli piatti rovesciati sui crash capirà cosa intendo. Neanche a dirlo, se Luca ha versato qualche goccia, immaginatevi Cristiano! Come sempre, ha buttato ettolitri d’acqua e sudore (ci credo che è sempre più magro). Frontman senza eccessi, invasato più dai suoni della, meglio delle sue chitarre (visto che ha suonato Stratocaster, Gibson Sg, e Firebird)che dalla musica, più dal senso delle sue parole che dalla loro melodia è un catalizzatore d’attenzione, sente ogni singola parola, vive ogni feedback, la sua pronuncia è declamazione, il suo cantato è racconto. Strano a dirsi stavolta era più sciolto del solito e gli è scappato anche un sorriso (momento clou della serata! Cristiano Godano sorride!) quando gli hanno fatto i complimenti per il nuovo look capello lungo e barba (“Bella barba Cristià’!”). Del resto era impossibile pensare che il pubblico romano non approfittasse della situazione “amichevole” della serata, e fa piacere vedere Maroccolo che gli scappa da ridere mentre, tra il cambio degli strumenti, si ode nel silenzio del Circolo un “Gianni sei er mejo”! Peccato per la poca considerazione che il pubblico ha riservato a Tesio che, a ben vedere la struttura e l’arrangiamento proposto, portava lui avanti i pezzi eseguendo i riff e le ritmiche principali. Quasi in disparte sul lato sinistro del palco è stato un silenzioso ma essenziale supporto, composto in ogni brano e impeccabile in ogni nota. La scaletta presentata è stata un viaggio perfetto nella carriera del gruppo, nessun album è stato ignorato, ci sono stati i singoli più famosi (Serrande Alzate, La canzone che scrivo per te), i classici del repertorio Marlene (Come stavamo ieri, la conclusiva Nuotando nell’aria) e pezzi degli ultimi lavori che, per quanto non trovino consensi come i precedenti lavori, sono secondo sempre produzioni di gran livello (La Lira di Narciso, A chi succhia, Amen). Personalmente ho più di tutti apprezzato Bellezza, un brano che continuo a considerare più convincente nella veste dello Zecchino d’oro dell’Underground (Snowdonia), ma che in versione live, spoglia degli archi presenti in Bianco Sporco, si fa ancora più intensa e toccante; ma sarei un falso a non ammettere che TUTTO il concerto è stato –per dirla sempre alla romana – “da paura”. Il mio consiglio –e lo potrete tranquillamente prendere con fare imperativo- è quindi di non mancare l’appuntamento nel caso la band passi nelle vostre zone. Certo, c’è una remota probabilità che da questo tour scaturisca un disco, una voce che gira e che i 2 microfoni panoramici sul palco sembrano fortemente rafforzare, ma penso lo sappiate da soli che sarebbe una magra, magrissima consolazione. Ma-Ma-Marlene, è la migliore.

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