- Intervista di: Stefano Lorefice (www.cbh.splinder.com)
Attesissimi al ritorno con un nuovo album “Materia” che minaccia di fare molto parlare, i Novembre, una delle migliori band italiane da esportazione…ecco il risultato di una chiacchierata con Carmelo Orlando (cantante/chitarrista della band)
Rocklab: Allora Carmelo, dopo tutto questo tempo…che avete combinato? Concerti? Riflessioni? Composizioni? Ma soprattutto: che avete intenzione di combinare con l’uscita di “Materia”?
- Novembre: Soprattutto c’è stato il cambio di etichetta. Dalla CM alla Peaceville. Da una situazione di anonimato che ci avrebbe destinati a fare altri tre album di basso morale e profilo, a una situazione di super euforia con gente che non fa altro che ascoltare il nostro album e che è convinta che siamo il miglior gruppo sulla Terra. Gente che mette sotto contratto solo quello che loro reputano sia ‘grande’ aumentando così la nostra autostima…Poi, sì, ci sono stati molti concerti, alternati a silenzio, c’è stata la rivisitazione di ‘Wish I Could Dream It Again…’ re-intitolato ‘Dream d’Azur’, ossia tutte cose atte a tamponare i tempi di transito fra una label e l’altra. Tempi comunque molto lunghi soprattutto dal punto di vista tecnico…
- R: Perchè un titolo come “Materia”? Parola dalle implicazioni immense, anche da un punto di vista filosofico…
- N: E già credo di sì. Ma la filosofia è qualcosa che è comunque riportata alla razionalità, un qualcosa su cui si può discutere. I nostri testi e titoli stanno ancora ad un livello più profondo. Sono privi di ogni tentativo di analisi. Non provo neanche a capire il significato di certe parole. Potrei anche “mettermici” ma è così difficile e personale che non credo interessi molto la gente. Sono sensazioni che provengono da una profondità tale che poi diventano comuni a tutti noi. E credo sia giusto che ognuno gli affibbi la sensazione che crede…
- R: Come avete lavorato in fase di composizione?
- N: Abbiamo lavorato molto a casa mia o di Massimiliano, a chitarre spente, con Giuseppe che eventualmente ci teneva il tempo con lo schiocco delle dita. E’ molto rudimentale ma a volte è preferibile al trambusto di recarsi in saletta (che nel nostro caso sta a molti Km di distanza), cablarsi ecc… Poi con gli ampli accesi la comunicazione è molto difficile, e quella è fase che ne ha molto bisogno.
- R: E’ naturale una evoluzione del suono, in ogni band o quasi, credi che lo sviluppo della ricerca in ambito artistico, inteso come continuo mettersi in discussione e porsi al limite, sia la chiave di vostri album come “Arte Novecento” o “Classica” oppure l’ultimo “Materia”?
- N: Penso di sì ma non in maniera consapevole. A volte ci rendiamo conto che automaticamente andiamo a scegliere soluzioni innovative e atipiche oppure quando l’idea è molto atipica non ci importa di osare e del giudizio di chi non è preparato. Ma non sempre, altre volte tutto avviene in maniera inconsapevole. E’ diventato un vero e proprio modus operandi che ha avuto un picco altissimo in ‘Wish I Could Dream It Again…’ nei confronti di ciò che era stato fatto prima di allora, che ha avuto un’altra netta impennata in ‘Novembrine Waltz’, con tutte quelle stranezze che lo contraddistinguono (suoni di fisarmonica, melodie folk Italiane ed estere, richiami classici a Verdi e Tchaikovsky), ed è continuato ulteriormente con ‘Materia’ anche se è più relegato alla musica stessa che a singoli intermezzi.
- R: Personalmente, ho sempre apprezzato molto la vostra capacità di tradurre sensazioni in musica: la costruzione delle melodie, l’impatto delle stesse, e non ultimo il mood generale dei vostri album. Dal vivo c’è un enorme feedback da parte del pubblico. Secondo te il fare musica è un mezzo per dire ed i concerti sono il punto massimo di contatto con chi ascolta?
- N: Non è da molto tempo che abbiamo migliorato il nostro rapporto con il palco. Oggi siamo più sicuri di noi stessi, delle nostre capacità, del controllo delle apparecchiature che usiamo e questo fa si che siamo più a nostro agio on stage. Ma ancora è presto per poterlo dire. Magari ne riparliamo dopo la tournèe??? Credo che il live non sia altro che la “fisicizzazione” di un mito. Il vederlo con i propri occhi. L’assicurarsi che esista davvero.
Da qui è facile dedurre che dopo un live, per quanto perfetto possa essere, si torni a casa con uno strano senso di delusione. Si è venuti a contatto con il reale con non potrà mai competere con l’ideale. Forse è per questo che i grandi artisti cercano di mettere dei muri fatti di effetti speciali, luci, fumi, trucchi. In modo da far si che l’ideale resti tale e al contempo, portare a casa un bel gruzzolo… - R: Dan Swano in una intervista disse che “Arte Novecento” , al periodo della sua uscita, era probabilmente uno degli album migliori che si era occupato di registrare…e ne aveva già registrati parecchi ai suoi studi…vuoi dirmi qualcosa in merito…
- N: Mmm… sì, lo disse anche a noi. Ma non sono mai stato sicuro che lo intendesse davvero. Ha voluto sperimentare un po’ e forse il risultato avrebbe potuto essere migliore.
Non sia arrabbino i fan di ‘Arte’ ma il giudizio del gruppo è sicuramente diverso da quello dell’ascoltatore che non sa cosa c’è dietro. - R: Un paio di ascolti che ti hanno colpito ultimamente, ed un paio di letture che hanno lasciato un segno nel tuo modo di scrivere testi?
- N: Sono reduce da ‘V per Vendetta’ che mi ha lasciato esterrefatto. Mi è piaciuto da morire ‘The Great Cold Distance’ dei Katatonia, i Rapture finlandesi, il nuovo Depeche Mode, ed ovviamente ‘Materia’ dei Novembre…
Per le letture, non leggo granchè, anzì affatto…