Intervista a Non Voglio Che Clara: Clara guarda Clara

  • A seguito della metabolizzazione del loro secondo lavoro, ‘Non Voglio Che Clara’, raggiungiamo la band nella persona di Fabio De Min (voce, pianoforte e chitarre acustiche) per un’intervista a tutto campo sull’identità del gruppo

    Rocklab: Per cominciare, allo stato attuale delle cose, cosa significa nella tua vita il nome Non Voglio Che Clara?

  • Fabio De Min: Significa l’aver dato un nome ad una cosa che ormai da molto tempo assorbe e allo stesso tempo infonde energia. E’ uno scambio equo. Riguardo alla genesi del nome posso dirti che si tratta di una circostanza del tutto casuale. Non c’è un vero significato recondito, anche se ovviamente si presta a molte interpretazioni.
  • R: Quali sono gli equilibri (o gli squilibri) all’interno della formazione?
  • F: Gli equilibri si possono reinventare di volta in volta. Anche se il più delle volte sono io ad occuparmi della scrittura ad un certo punto del processo compositivo cerchiamo di dare ognuno il proprio apporto.
  • R: Quanta convinzione avete messo e mettete nella musica, dagli esordi a oggi? E’ più un rapporto di abbandono naif oppure c’è da sempre stata fermezza nelle vostre intenzioni?
  • F: Nonostante fare i musicisti sia una cosa che ci diverte molto abbiamo sempre cercato di fare le cose con estrema serietà ed impegno. Non sempre si riesce a dare il meglio, tuttavia il rispetto per chi compra i nostri dischi e viene ai nostri concerti è sempre il primo dei nostri pensieri, al momento di affrontare le cose.
  • R: Come nascono e si sviluppano le vostre canzoni: le parole, la musica, la produzione… c’è un’alchimia individuabile?
  • F: Mi occupo solitamente dei testi e di una prima stesura della parte musicale, poi insieme al gruppo cerchiamo di dare una forma al tutto. Molte cose le sviluppiamo direttamente in studio. Considero lo studio di registrazione e le possibilità che offre una fase importante del nostro lavoro.
  • R: Parlare di testi con voi mi risulta inevitabile come affrancarsi a uno scoglio dopo una lunga, solitaria nuotata. Da ascoltatore intrattengo un rapporto sia empatico che incognito con le vostre narrazioni, un’affinità intangibile ma concreta: da autore, cosa ne pensi? Era questo uno dei tuoi desideri? O forse non ne avevi…
  • F: L’affinità intangibile di cui parli è la stessa che provo durante la scrittura. Quando scrivo raramente ho subito chiaro in testa ciò di cui sto per parlare. E’ come se stessi costruendo un puzzle senza la fotografia sulla scatola. Arrivi ad un certo punto che capisci il soggetto e i pezzi si incastrano con facilità.
  • R: L’idea fondamentale è che la vostra sia una capacità di sussurro, di suggerimento del particolare, una sorta di cenno al vissuto che è assieme realistico e ideale. La vicinanza a certi meccanismi di messa in scena del reale tipici del cinema mi pare forte…
  • F: E in effetti la mia scrittura è sicuramente più in debito verso il cinema e la letteratura che non verso la canzone. Del cinema mi affascina come l’utilizzo di tecniche diverse influenzi pesantemente la percezione del messaggio. Riesco a trovare degli spunti interessanti nelle cose più disparate, da Bergman al porno.
  • R: Tutto questo riporta ad un quadro dalle dimensioni pressoché infinite, se osservato nel tempo: i sentimenti in senso lato. Mi pare chiaro il rivolgersi della vostra musica non soltanto alla sfera affettiva, quanto al sentire umano, al sensibile. Come ti senti, messo di fronte allo specchio dei tuoi testi (riproposto, deformato, compiuto, assente…)?
  • F: Credo che considerarli uno specchio di se stessi sia un errore. Certo mi ritrovo in molte delle situazioni che descrivo e credo che i miei testi siano estremamente onesti nel descrivere certi aspetti della mia personalità. Tuttavia credo che cercare di mantenere un rapporto in qualche modo distaccato con le proprie creazioni sia utile per non perdere il contatto con la realtà, con le persone che ti stanno intorno.
  • R: I rimandi alla canzone italiana d’autore sono in parte impliciti, ma cedo volentieri a te la parola per quanto riguarda la vostra sfera d’influenze, soprattutto musicali (specie quelle subliminali)…
  • F: Scriviamo canzoni da tantissimo tempo, e credo che ormai l’influenza principale di Clara sia Clara stessa. D’altro canto non ci siamo mai posti il problema di riprodurre la musica di qualcuno, e a conferma di ciò posso dirti che abbiamo cominciato a suonare quando i nostri eroi si chiamavano Dinosaur Jr e Teenage Fanclub.
    Certo mentirei se non ti dicessi che ho pensato a lungo a Nino Rota e Morricone durante la lavorazione del secondo disco.
  • R: Come scoprite i vostri pezzi dal vivo: lasciate affiorare venature pop e rock più marcate? Vi sembra di tendere maggiormente alla levità dell’esecuzione? O cos’altro…
  • F: Dipende dalla serata, dal contesto e dal tipo di formazione. Dove lo spazio lo permette la formazione dei Non voglio che Clara si allarga fino a 8 persone.
  • R: Se dovessi sintetizzare la vostra musica con un verso, un’autocitazione che vi rappresenti, quale sceglieresti?
  • F: “Non sappiamo dove andare / non sappiamo come fare”. In risposta a “Once there was a way to get back homeward”… (The Beatles, Golden Slumbers n.d.a.)
  • R: Come descriveresti il rapporto che intrattieni con i vostri dischi? Hanno uguale importanza nei tuoi pensieri?
  • F: Rispecchiano momenti della mia vita diversi, ho verso di loro un’opinione che cambia continuamente, ma certamente sono ugualmente importanti.
  • R: A tuo giudizio, che significato ha fare della critica musicale? Da musicista, come vedi il paradosso che caratterizza l’analisi di un linguaggio così emotivo e interiore?
  • F: Non ci vedo nessun paradosso. Ognuno fa un po’ il proprio mestiere e può farsi l’opinione che vuole.
  • R: Oscar Wilde affermava di amare il teatro in quanto più vero della vita. Io riscontro una teatralità di questo tipo nelle vostre composizioni: ambigua, onirica, vitale… Quando scrivi sogni o sei desto?
  • F: Ti confesso che ho difficoltà a distinguere le due condizioni, anche perché mi capita di scrivere in situazioni molto diverse. La scrittura e la musica mi hanno accompagnato per tutti gli anni “della formazione” e sono diventate una parte di me oltre che una consuetudine imprescindibile. Come prendere gli antistaminici in primavera.