Intervista a Moltheni: Lui non è come me

  • Rocklab: In continuità con i tuoi lavori precedenti, quest’ultimo ‘Io non sono come te’ ha un carattere placido, contemplativo. Ci sono svariati riferimenti alla Natura e agli animali, nei testi e persino sulla copertina: è giusto pensare a una sorta di ispirazione “bucolica” per il tuo comporre?
  • Moltheni: È giustissimo, ma è anche vero che la natura è la fonte d’ispirazione della mia vita e non solo della mia musica. Attingo a lei sempre soprattutto quando non sto bene, poichè ho un educazione e un idea della vita, molto nordica e laica… di conseguenza osservare e pensare alla natura mi tranquillizza.
  • R: Un tuo giovane collega e – suppongo – amico, Vasco Brondi (Le Luci Della Centrale Elettrica), sembra trovare invece nell’”artificiale” l’ispirazione principale per il suo immaginario e la sua musica…trovi anche tu che il metropolitano possa avere una sua poeticità?
  • M: Assolutamente sì, anche se considero certe sensazioni legate all’età. Quando si è giovani si è più legati e attaccati al materialismo e alle sue manifestazioni (cemento, gente, luoghi, vita,ecc…).
  • R: Hai un lirismo molto particolare: in quei passaggi in cui sembri divenire più etereo, poetico, se mi passi il termine, riporti tutto bruscamente alla realtà con immagini “più basse”, figurazioni nude e crude. È un modo di autodissacrarsi o vedi davvero il volo delle farfalle e la pulizia di un culo sullo stesso piano descrittivo?
  • M: Non lo so neppure io… scrivo e osservo le cose così come sono e accadono. Il mio anticonformismo è assoluto, sono una persona che conosce la vita molto bene, non mi giro più neppure se passa un ambulanza a un metro da me, ma posso fermarmi con l’auto se vedo un rospo in mezzo alla strada che ha difficolta.
  • R: ‘Io non sono come te’ dura poco più di venti minuti: considerando che il cosiddetto long playing sembra ormai avere i giorni contati, credi che il formato Ep possa essere un buon compromesso fra la durata di un album e quella del singolo brano cui l’uso dell’mp3 ci sta abituando? Avere uno spazio ristretto ti aiuta in qualche modo a concentrare e disperdere meno l’atmosfera e l’ispirazione?
  • M: Non so, non me lo sono mai chiesto… so d sicuro che non farò mai piu’ album lunghi con 14/16 tracce poiché non servono a niente e sposano troppo stupidamente il presupposto d accontentare etichette e pubblico, e mercato in genere.
  • R: Parliamo della tua etichetta, La Tempesta, che nell’ultimo anno è stata molto attiva: oltre al tuo ha licenziato i nuovi dischi dei TARM, di Giorgio Canali e il debutto del Teatro degli Orrori… come trovi la convivenza con i tuoi “coinquilini” di label e come giudichi, artisticamente, i rispettivi lavori?
  • M: Considero La Tempesta Dischi un etichetta indipendente con i valori perduti di una volta nonché persone con una mentalità rivolta al domani discografico, equilibrata. Enrico Molteni e Davide
    Toffolo sono persone molto corrette soprattutto lasciano fare, è questo che manca alle etichette. La
    Tempesta è la migliore etichetta indie italiana senza alcun dubbio. I rispettivi lavori sono difficili da giuducare da parte mia, poiche’ nn ascolto mai generi a me nn adatti (parlo da un punto di vista
    dell’ascolto); di certo è, che sono e rappresentano musica di alta qualità, di questo ne sono certo
    nonostante le mie orecchie siano piu’ esperte di suoni acustici.
  • R: Si direbbe che il tuo vagabondare tra le major sia concluso e che tu ti sia ormai stabilizzato in quei di Pordenone: c’è qualche speranza, ora, di veder uscire il famigerato ‘Forma Mentis’ o è definitivamente acqua passata?
  • M: ‘Forma mentis’ è un album mai nato… e quindi non vedrà mai la luce.
  • R: Un’altra domanda da ascoltatore: ti sappiamo grande appassionato di un certo rock indipendente americano, compreso fra i fine 80 e inizio 90. Nelle ultime stagioni diversi protagonisti della scena grunge e affini si sono riciclati in altre esperienze, soliste o meno. Penso soprattutto a Cornell, ma anche ai vari ritorni e alle nuove band di vecchie conoscenze. Da fan, come giudichi i nuovi percorsi dei musicisti che seguivi al tempo?
  • M: Ne sono estraneo, quindi nn posso giudicare. Non sono al corrente o se non altro non ascolto quello che i protagonisti della musica anni ’90 hanno successivamente realizzato. Sono un tarato, ascolto solo ed esclusivamente quello che mi piace. È un po’ come a tavola, mangio poche cose, solo quelle che mi piacciono, le altre non le tocco e spesso non le scopro neppure.
  • R: ‘Io non sono come te’: letta così, può sembrare piuttosto secco come biglietto da visita. Ti senti diverso dagli altri? La condizione di artista, secondo te, nasce da un diversità, da un “non essere come” le persone che normalmente lo circondano?
  • M: Io non mi considero un artista, perché il termine un po’ mi fa ridere e un po’ mi imbarazza. La condizione di una persona che si occupa d’arte non nasce secondo me necessariamente da una condizione d diversità. Conosco artisti (se così vogliamo chiamarli…) che sono molto più semplici e bigotti di tante altre persone. Viceversa conosco svariate persone che pur non interessandosi d’arte, risultano introversi e non facilmente catalogabili. L’arte, e la musica nella fattispecie, è legata alla nostra natura, una natura che può, come non può venir fuori in un momento della nostra vita. Per intenderci, il mio idraulico sarebbe un perfetto direttore d’orchestra ma lui non lo sa.