- Dopo essersi fatti conoscere con un magnifico disco d’esordio come “Howl Howl Gaff Gaff”, gli svedesi Shout Out Louds sono stati addirittura capaci di superarsi con “Our Ill Wills”, un’opera uscita nel 2007 ma che in Italia trova distribuzione solo ora grazie all’intervento della benemerita Homesleep Music (che ha deciso di ristampare il disco aggiungendo tre bonus tracks). In occasione del loro recente tour italiano ho fatto una breve chiacchierata con Adam Olenius – voce e chitarra della band – sulla loro musica, la loro vita, le loro esperienze e, perché no, le loro ambizioni:
Rocklab: Siete molto amati in Italia, anzi si può dire che nel circuito degli indie blog siete un autentico oggetto di culto. Addirittura l’etichetta Homesleep ha ristampato il vostro ultimo disco che incredibilmente da noi non era riuscito a trovare alcuna distribuzione. Che rapporto avete con il nostro paese e come vivete questa vostra condizione di “piccole star sotterranee”?
- Adam: Abbiamo sempre avuto un buon rapporto con l’Italia. Abbiamo buoni amici a Bologna e ci siamo sempre sentiti i benvenuti anche se quando abbiamo dormire sul pavimento e suonato in piccoli locali. Siamo pazzi per il cibo e l’Italia è uno dei luoghi di punta del nostro “European Food Tour”. Quanto alla questione delle “Piccole star sotterranee”…. speriamo di poter presto arrivare sopra la terra. :D
- R: Ho trovato nelle vostre canzoni una semplicità ed una purezza che ho sentito in poche altre band. Eppure, ascoltando bene, ci si rende conto che tra Howl Howl Gaff Gaff e l’ultimo Our Ill Wills avete fatto passi da gigante. Sembrate più maturi e consapevoli dei vostri mezzi, fate la vostra cosa come avete sempre fatto ma sembrate aver più cose da dire e potenzialmente siete in grado di arrivare ad un pubblico più vasto. E’ solo merito di una produzione più attenta e particolareggiata o è scattato qualcosa in voi?
- A: Nei testi di Our Ill Wills noi parliamo principalmente del diventare adulti e di un sacco di cose che ci sono accadute dall’uscita del nostro primo album ad oggi. Abbiamo lavorato di più su questo album, non solo su arrangiamenti e produzione, ma anche sulle parole, sui testi.
Quello che cercavamo era un suono più elaborato e complesso e Björn (Björn Yttling, il produttore del disco, n.d.r.) è stato perfetto per aiutarci a raggiungere questo scopo. Nonostante tutto questo, però, la semplicità è una caratteristica ancora molto importante per noi. - R: Siete stati da più parti paragonati ai Cure, e qualcuno vi ha addirittura definito “una versione più solare dei Cure”. Eppure secondo il mio parere c’è di più, molto di più. C’è una band fatta di ragazzi che durante l’adolescenza hanno ascoltato tante cose ed hanno saputo trovare una stupenda sintesi di esperienze ed ascolti diversi. Quali erano i vostri eroi musicali? Pensavate di arrivare dove siete arrivati ora?
- A: I nostri eroi? La lista è lunga, molto lunga… Nina Simone, Chet Baker, la coppia Morrissey / Marr, Brian Wilson, Michael Jackson, e Sebastian Bell, James Murphy, Jay Z… Quanto all’immaginare di arrivare dove siamo arrivati ora… sapevamo di avere qualcosa che avrebbe potuto portarci lontano, ma come avrebbe fatto e soprattutto dove ci avrebbe portato resta per noi ancora un mistero.
- R: Domanda banale ma che per me permette di capire molto riguardo ad una band musicale: cosa ascoltate quando siete in tour? C’è un disco che vi sta particolarmente ossessionando in questo periodo?
- A: Quando siamo in tour principalmente noi suoniamo e componiamo. Abbozzi di canzoni, anche brevi e di poche parole, spesso ispirate dai luoghi in cui ci troviamo e dalla gente strana e divertente che incontriamo. Chissà, magari alla fine del tour avremo pure qualche canzone italiana…
Quanto ai dischi, penso nella band tutti abbiano il loro disco speciale che ascoltano quando in tour vogliono stare soli e in pace con il mondo. Personalmente, in quei momenti di riflessione Bob Dylan è un amico sincero. - R: Sempre a proposito dei tour: c’è un episodio bizzarro che vi è accaduto durante uno di questi lunghi periodi lontani da casa e che merita di essere raccontato?
- A: Sto ancora aspettando di trovare una TV da gettare fuori dalla finestra… Penso che praticamente tutti gli aspetti dell’essere in tour siano bizzarri. In tour infatti ti senti costantemente come un bambino, e quando torni a casa diventa veramente molto difficile riuscire a comportarsi di nuovo come un adulto.
- R: Altra domanda banale: Cosa contate di fare in futuro? E cosa fareste se improvvisamente il successo vero dovesse arrivare? Per successo vero intendo milioni di dischi venduti, ragazzine urlanti che svengono al vostro arrivo negli aeroporti, tour lunghi due anni sempre sold out ecc … ( a me farebbe gran piacere per voi, significherebbe che il mondo è davvero un posto splendido…)
- A: Prima di tutto ti ringrazio molto per ciò che hai detto. Sinceramente non so quasi cosa farei in un caso del genere. Magari acquistare un appartamento di cinque stanze a Stoccolma e New York, un vigneto nelle campagne di Lucca e una baita nelle Alpi non sarebbe poi tanto male… Ad ogni modo, l’unica cosa che conta per noi è essere in grado di scrivere belle canzoni. Il nostro vero successo sarà riuscire a farlo sempre, in ogni condizione.