Intervista ai Mistonocivo : Ritornare alle origini.

Le scelte dettate dalla libertà di creare son sempre le migliori. Dove non esistono catene là puoi trovare il concetto principe dell’essenza che c’è dietro l’ispirazione. Creare perché qualcosa la si ha dentro, fregandosi del ritornello più orecchiabile, del numero di copie che si venderanno. Dopo il grande successo commerciale di Virus (trainato dal singolo “Blackout”) fanno una scelta che è di molte band del panorama indie ormai. Più che scelta in alcuni casi la potremmo chiamare “vocazione”.

Rocklab : È da poco uscito Redux, dove riproponete il vostro primissimo lavoro autoprodotto, raccontateci un pò questa scelta, questo ricercare le proprie origini…
Si ecco appunto, è stato una scelta per ritrovare le origine. Abbiamo deciso di pubblicare questo lavoro che principalmente era rimasto come in un limbo. Volendone appunto “ufficializzare” la natura. È stata anche una ricerca collettiva in tutto ciò che può esserci in una band appena nata, quindi lo spirito aggressivo e la voglia di sfondare che, se si riesce a recuperar appieno, con il vaglio di un bel bagaglio di esperienze, può sicuramente risultare un punto di forza. Sicuramente quindi uno stimolo e anche per far sentire a tutti come eravamo prima di fare Virus, Edgar e il resto. È come un episodio zero di una saga che è già iniziata ma che ti mostra com’è stata la genesi di tutto questo.
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Rocklab: Com’è stato ritrovarsi già da subito praticamente sotto la guida di Corrado Rustici, e quindi una Major?
È stato tutto molto bello, tutto come in un film innanzitutto. Passare dalla sala prove al Fantasy studio in San Francisco dove han registrato gruppi come i Metallica, è stato un impatto forte per noi, dove appunto sotto la guida di Corrado abbiamo ricreato la stessa energia della nostra saletta, mantenendo quello spirito fresco e giovane, anche se appunto stare sotto l’ala di Rustici vuol dire anche serietà e preparazione che certamente non è mancata. Lavorare al suo fianco è stato, per usare un concetto da artigiano, come entrare in bottega e imparare a fare un mestiere! Una bellissima esperienza che come spesso accade con le Major finisce, ma che sicuramente ti arricchisce.
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A questo punto il discorso, viaggia un pò sul concetto del “musicista all’estero”, i ragazzi mi spiegano che in America la visione di chi fa musica è totalmente diversa. Li sei considerato musicista vero nel senso del mestiere di fare musica e di conseguenza rispettato. In contrapposizione a ciò che si vive qui che se alla domanda : “che lavoro fai?” tu risponderai : “il musicista!” ti risponderanno sicuramente : “ Si ma il tuo lavoro qual è?”

Rocklab : Quindi sostanzialmente come avete vissuto il cambiamento? Il passaggio da una Major ad un etichetta indipendente s’intende…
Il discorso è che quando c’è tutto il “tappetone” rosso che ti può offrire una Major è tutto molto facile, quando invece poi si decide di fare una scelta magari meno vantaggiosa dal punto di vista economico, che poi è tutto da vedere questo, si tratta appunto di una scelta di indipendenza vera e propria, artistica e non. Si ha più soddisfazione, si ha la responsabilità diretta di ciò che si fa, più controllo insomma.
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Rocklab : Secondo voi, è stato un bene pescare subito il jolly, mi riferisco appunto a Virus, o avreste preferito un successo più moderato e quindi nel tempo?
Da un certo punto di vista è stato un bene, anche perché già all’epoca le Major non puntavano più sulle band se non avevi qualcuno dietro che investiva o limitava i costi della produzione, per cui da quel lato è stato sicuramente un bene ma paradossalmente entrare nel giro del Mainstream ti permette anche di poter realizzare che magari non fai parte di quel “giro”, non ti riconosci in quel che sei e che fai perché appunto non riescono a modellarti come plastilina, e per noi appunto è stato un bene visto che poi senza Major abbiamo prodotto quattro lp riconoscendoli come nostri appieno.
Il grande produttore molto spesso è portato a confezionare un abito da far indossare al gruppo e noi quest’ottica non l’abbiamo mai avuta. Il nostro intento è quello di generare un messaggio che poi ognuno può leggere a modo suo. A noi piace l’idea che una stessa cosa possa generare diversissime emozioni a seconda da chi la subisce.
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Rocklab: Le vostre influenze maggiori?
Ma principalmente erano le influenze del nostro cantante, Pearl Jam, Rage against the machine, quindi prettamente musica straniera anche se all’epoca nello scenario Italiano i Litfiba era un gruppo che attirava le attenzioni di molti e quindi anche le nostre. Per citarne altri i Marlene o gli Afterhours che diciamo erano più indicative per la parte testuale. Poi ovviamente tutta la band aveva le proprie inclinazioni per cui erano un mix di influenze.
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Rocklab : Avete qualche rimpianto?
Sì, parlando di scelte, ma son proprio quelle situazioni che ti permettono di crescere.
I rimpianti solitamente son gli errori ma che nella musica non sempre dipendono totalmente da te stesso, appunto riferito al periodo con la Major, non si può aver il controllo su tutto e questo può sicuramente portare ad errori.
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Rocklab: Domani il mondo ricomincia da zero. Cosa rifareste e cosa no?
Sicuramente la scelta di andare in America, nell’America del prima 11 Settembre , senza aspettare nessuna chiamata, andarci a priori per fare musica nel vero senso della parola. Un’altra cosa che faremmo è sicuramente quella di dire : “No quella traccia Corrado levala dalla tracklist perché non la vogliamo…”
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Siamo al famigerato momento dei saluti anche se il discorso delle scelte è ancora acceso, mi ribadiscono che molto spesso vanno fatte per il rispetto di alcune persone che lavorano al tuo fianco, aggiungendo che sono sempre scelte di coraggio ma che il tempo alla fine ha dato loro ragione: Il mercato del mainstream muore “dolcemente” e noi continuiamo a fare musica con o senza di loro.
Come dargli torto?

Un ringraziamento a Francesca della Red Pony a Paolo “Polly” D’Ambrosio e a Frank Brother per questa intervista.