Attitudine e Visuals: Fuori piove. Come due anni fa al Traffic : solo che quel giorno era estate e, ahinoi, stavamo tutti all’aperto. Ma pioveva lo stesso. E sotto la pioggia ricominciava tutto, la storia dei Massimo Volume ripartiva da lì. Anzi, da qui. Forse è per questo che il tour di Cattive Abitudini s’inaugura a Torino, una Torino bagnata e fortunata che in molti hanno comunque voluto attraversare. Naturalmente tutto questo avviene fuori dall’Hiroshima, e non c’entra nulla con l’atmosfera che si vede e che si respira qui dentro…o magari un po’ sì
Audio: Molta paura dopo il cambio di palco con i Bachi da Pietra,quando il microfono di Mimì suona sommerso dal resto della band. Questione di un paio di strofe, poi le cose andranno meglio. Il Clementi con basso a tracolla è una creatura fortemente diversa rispetto a quello solo “leggente” degli El Muniria, più rabbiosa, più imprecisa – visto che ogni tanto gli scappa un verso o una parola. Forse è anche un po’ più emozionato. Strano a dirsi per un album a produzione analogica, ma pure i pezzi nuovi vengono fuori meglio, probabilmente per merito dell’intreccio di chitarre fra Stefano Pilia e Egle Sommacal, impeccabili. La bellezza violata è una perla da riscoprire.
Setlist: E’ l’unica pecca della serata: riproporre dischi interi in ordine di scaletta, nuovi o vecchi che siano, toglie tutto la tensione della sorpresa e la sposta tutta sui bis ad effetto nostalgia: dopo l’esecuzione completa di Cattive Abitudini, quindi, è un’infornata di classici tutti insieme, specie da Lungo i bordi.
Pubblico: Ce ne sono tanti, anzi, ci sono tutti: e per un attimo si teme che anche i concerti dei Massimo Volume siano diventati un ennesimo appuntamento mondano per i torinesi à la page, l’ideale conclusione di un apericena aziendale. Per fortuna non è così: in platea c’è uno strano cocktail di ascoltatori accorti e intellettuali (Barba) ed ex tossici evidenti reduci degli eroici anni novanta (individui per i quali non abbiamo ancora elaborato un “nickname” adeguato). Tutti, comunque, attenti e devoti.
Momento migliore: Le città viste dall’alto, ultimo brano prima del congedo. E chi se la ricordava così bella?
Locura: Ormai è una tradizione. Non c’è concerto dei Massimo Volume in cui qualcuno non inciti ad alta voce un “Vai Massimo!” o “Forza Max!” ottenendo la replica standard di Emidio: “nessuno di noi si chiama Massimo…”. E poi durante il set di spalla, il gruppo di Bruno Dorella stava sgretolando i coglioni così tanto che si sono accessi anche gli allarmi anti-incendio. Giuro.
Conclusione: Ogni volta ci si dimentica come si fa a stare nel pubblico di un gruppo che “parla”, senza poter cantare o ripetere le parole a memoria – che poi sembra di stare a messa. Ma una volta che ci si ritrova in mezzo le cose vengono da sè. Le canzoni dei Massimo Volume non si cantano: si ascoltano e, casomai, si urlano. L’immagine suggestiva di Clementi e una folla di gente che si gridano in faccia le stesse frasi. Ancora una volta “è nella pioggia oggi il nostro grido”.
Le foto non si riferiscono alla data recensita