Twilight Singers – Dynamite Steps

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15 febbraio 2011 Sub Pop www.thetwilightsingers.com

Gunshot

Un disco di Greg Dulli, questo e nient’ altro è Dynamite Steps, con tutti i pregi e i difetti dell’artista. Il primo pregio è la voce, incredibilmente bella e incredibilmente in forma, come sempre letale nel circondarti nelle sue spire fumose e affascinanti, riuscendo a catturarti e a far convivere epica e cinismo, disillusione e squarci di sole, bellezza e abisso, come nelle migliori opere di genio. E i brani non sono da meno, alternando atmosfere notturne ed improvvise illuminazioni, sfuriate elettriche, lacrime e cazzotti: il perfetto tappeto di suoni, il perfetto trono di velluto nero per la magnifica personalità vocale di Dulli. Poca elettronica (e usata a proposito), mentre verissimi e “novantiani” gli strumenti utilizzati, impasti di acustiche ed elettriche, percussioni ed archi. Potrebbe essere un disco degli Afghan Whigs, e forse anche uno dei più fieri.

Vorrei avere la forza di dire che in questo disco non troverete niente di nuovo. Ma non lo farò, perché qui troverete nient’altro che uno scrigno di musica trascinante, commovente e meravigliosa, e la grandezza di un artista paragonabile a Mark Lanegan, a quei grandi reduci che non riescono a non azzeccare un colpo, perché i colpi prima li hanno presi loro, in pieno volto. E in questo senso niente stupisce, ma tutto è vero, ed è bellissimo.
Mark Lanegan compare, come da copione nel parterre degli ospiti, nella bellissima e nichilista “Be Invited”, insieme al controverso chitarrista dei Verve Nick McCabe. Gli altri numerosi invitati (fra cui spiccano Ani di Franco nella ballata-duetto “Blackbird And The Fox”, e la batteria di Gene Trautmann, ex dei Queens Of The Stone Age e Eagles Of Death Metal) fanno il loro compito, senza mai sottrarre spazio al padrone di casa, ma anzi magicamente protesi verso l’obbiettivo, che è nobile, dignitoso ed ostinato, come una marcia verso la distruzione.

In quest’epoca di successi effimeri, di tronfia ricerca del nuovo, questo disco è arte (nel senso di artigianato ed esperienza) e pianto a denti serrati. La colonna sonora ideale di esistenze deragliate, di cani da marciapiede, per svegliarsi dopo una sbronza con lo zigomo che ti fa male. Per voi orfani dei meravigliosi anni novanta. Perché la vendetta è un piatto che va gustato freddo.