Ida sta a mille! #1 – The Doors – The Doors

Per me c’è solo il viaggio su strade che hanno un cuore, qualsiasi strada abbia un cuore. Là io viaggio, e l’unica sfida che valga è attraversarla in tutta la sua lunghezza. Là io viaggio guardando, guardando, senza fiato.
Carlos Castaneda – Gli Insegnamenti di don Juan

L’altro giorno mi trovavo in aeroporto ad attendere il ritorno di una persona a me molto cara. Erano anni ormai che non rivedevo quest’uomo appartenente al mio passato. Avrebbe fatto una sosta di poche ore a Fiumicino, per poi ripartire verso regioni remote e lontane. Mi aveva chiesto di incontrarlo in questo non-luogo di passaggio alla Marc Augé, privo di identità e storia, lambendo uno sterile suolo di arrivi e partenze. L’incontro è stato fugace, ma intenso, il tempo di un caffè, rivangando dolci e sensuali ricordi. Un secondo dopo le nostre distanze si erano nuovamente amplificate a dismisura. Quest’esperienza ha fatto nascere in me il desiderio di inseguire terre da sentire, spazi naturali da possedere. Sentivo il bisogno di oltrepassare la scarna e caotica realtà, incapace di fornire territori utili a donare relazioni vere, profonde e durature. Volevo porre fine alla frenesia accelerata delle città, sempre in balia di luoghi e non-luoghi, sempre più pregna di distacchi e separazioni tra uomini automi e sterili. Desideravo fermarmi, respirare e tentare di modificare il mio destino, vagabondando verso lande inesplorate e pregne d’amore e di energia estatica.

La vita è probabilmente una sorta di esplorazione tra sogno e realtà, tra conscio e inconscio, tra  noto e ignoto. Ecco perché sento spesso il bisogno di allontanarmi dal quotidiano flusso vitale e spostare il mio baricentro spirituale verso realtà altre; vorrei arrestare il mondo, schivare le “verità assolute” e riuscire a vedere oltre il velo tangibile dell’esistenza. È come se nascesse in me un’urgenza emotiva trascendente, volta a scoprire il non detto e ad attraversare la mente, perlustrando i meandri dell’anima. Avverto un’indole sciamanica intrinseca al mio essere, che ha voglia di manifestarsi e di intraprendere un viaggio tra mondi paralleli, lanciando frecce magiche (tséntsak) e danzando al ritmo ossessivo di tamburi, sonagli e di melodie su scala pentafonica. Lo sciamano (da sham-àn, termine che proviene dalla Siberia) è in grado, infatti, di staccarsi dal corpo fisico e di far vagare l’anima tra regioni celesti e sotterranee. Una recente fantasticheria notturna mi vede proprio nei panni di una curandera, di una “medicine woman”, che vive il percorso di morte e rinascita del corpo, posseduta e guidata da Spiriti Aiutanti.

L’ultima metafora onirica di tipo sciamanico si è verificata mentre ascoltavo, nella pace meditativa della mia stanza, Behind Your Breath dei Wovenhand dinanzi a un cristallo di rocca (che gli sciamani ritengono sia una solidificazione delle lacrime o del liquido seminale di spiriti celesti), bruciando su della carbonella foglie di salvia, cedro, rosmarino, pino e fiori di lavanda. In tale circostanza, sono entrata in una sorta di trance mistica; ho sognato animali, piante e rocce imbevute di anima e spirito, mentre il mio Yogi proclamava, come un mantra, le seguenti parole: “Entra nel flusso divino; abbandona il tuo corpo fisico; segui il volo dell’aquila e la tua anima sarà libera”.

Questa volta il Maharishi è in compagnia di una sua “alleata esoterica” sciamana, Nadia Stepanova, guaritrice buryata della Siberia Meridionale, che ha il dono di “vedere” gli Dei e gli Spiriti. Entrambi affermano che, dopo la visualizzazione del mio sogno, sono pronta al percorso d’iniziazione sciamanico, pronta ad affrontare la malattia, la morte e il risveglio. Nella stanza delle meraviglie in vinile del Maharishi, seleziono l’album che mi accompagnerà durante questo percorso ai confini del mondo, nel cuore pulsante della mia anima. Non ho dubbi: saranno i Doors e il Re Lucertola a condurmi nell’estasi psico-fisica, scovando il mio Spirito Guida, alter ego e proiezione di me stessa. Indosso una veste bianca, pratico respirazioni di terra, acqua, aria e fuoco, per entrare in contatto con tutte le forze della natura, e assisto allo spettacolo post-moderno del mio rituale d’iniziazione sciamanico, nella trance musicale di un’azione scenica guidata dallo sciamano del rock Jim Morrison e indotta dal disco The Doors:

«Dai primordi cosmici della terra il calore del fuoco pervade il mio corpo di godimento puro, mentre il Peyote spermicida si espande nel sensuale campo di forze magnetiche dei sensi. Una morbosa danza ventrale che varca “le porte della percezione” oltre i confini materiali, lasciando affiorare in superficie l’odore sporco e atavico di una materia carnalmente mistica ed esoterica. Una duplice natura umana e divina si impossessa del mio essere, mentre inseguo il demone calzato di pelle nera. Gli spiriti deflorano il mio corpo; mi nutrono; mi amano; mi divorano voluttuosamente, creando un varco nella follia delle percezioni. Un liquido seminale decadente e selvaggio sfiora la mia pelle con visionare selle blues e briglie psichedeliche. Cammino su carboni ardenti di lussuria in una teatrale iniziazione occulta di inguini. Apro un varco tra ritmi compulsivi, pervasa da una universale libertà erotica (Break On Through). Assaporo la liturgia cannibale e profana della carne (Soul Kitchen); lambisco l’ebbrezza languida degli istinti immersa nel flusso di piacere (The Crystal Ship); mi nutro di Datura, stimolando pulsioni fatali (Twentieth Century Fox). “Penetro” il rito, spazio teatrale brechtiano e weilliano che si rinnova e rinasce nella dissoluta Mahagonny (Alabama song). Mi lascio cullare dalle fiamme del peccato, nella catarsi del sesso (Light My Fire), mentre un alito di pienezza si espande nel godimento allucinogeno di un blues alla Willie Dixon (Back Door Man). Il mio corpo vibra tra melodie licenziose (I looked at you), tra  fascinazioni oscure, occulte e ancestrali (End of The Night) e fisiche litanie trasversali (Take it as it come). Sprofondo nel cerimoniale triviale, immorale e piacevolmente appagante, mentre riemergono passioni malsane effigiate nel quadro edipico di un sogno esoterico senza fine (The End). “Cavalco il serpente” del desiderio, mentre il rito ipnotico giunge a compimento. Volo  tra mondi fisici e spirituali, traghettando la mia mente nel godimento di uno stato alterato di coscienza , acuendo ogni percezione e raggiungendo l’orgasmo dell’anima. Il mio cerimoniale personale si erge a rito collettivo, danzando nuda tra sguardi inebriati di voyerismo. Mi lascio possedere da un fantasma dai capelli ricci e corvini, ombra dionisiaca di un perenne coito multi-dimensionale al confine tra terra e cielo, visibile e invisibile.»

illustrazioni: Marzia Grossi