Lamb – 5

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31 Maggio 2011 Strata Music Lamb

Butterfly Effect

Lou Rhodes e Andy Barlow, i due mancuniani che dal ’96 si aggirano con sintetizzatori e cori angelici facendosi chiamare Lamb, con la loro separazione nel 2004 hanno dato una bella (seppur tragica) lezione a ciò che resta della “morale musicistica”, promettendo di non farsi più sentire insieme finché non avessero avuto qualcosa di nuovo da dire.

Poteva essere la solita sparata da divo represso e piagnone che dopo tre giorni ritorna sulla scena con un disco più commerciale di tutta l’opera di Pupo messa insieme, sparlando delle major e del bassista pignolo, e invece no: con questo ‘5’ i Lamb recuperano i lunghi anni di assenza e mantengono la parola data. Facilitati dall’appartenenza ad un genere che non permette ripetizioni (ma solo eventuali patetiche cadute di stile: la dura legge del trip-hop), nei dieci brani di quest’album assorbono, sventrano e ricompongono ogni possibile intuizione creativa, dando vita a mondi estetizzanti e, per questo, a tratti inquietanti che svelano l’intenzione di fondo che ha dato vita a tutto ciò: il bisogno di ritorno alle origini, belle e terribili, la volontà di superare ogni frammentazione per tornare a un Uno ingenuo e fertile.

La voce maturata dalla Rhodes, perturbante nella sua innocenza, sfida l’artificialità delle basi, aiutata solo a volte da archi e pennellate di pianoforte. Il picco si ha nella tenerezza metropolitana di Another Language; l’esplosiva Build a Fire e le sinuosità di She Walks sorreggono bene il livello del disco, che si conclude in punta di piedi con The Spectacle, soffice richiamo al troppo spesso dimenticato Erik Satie.

L’imperfettibilità dell’insieme é incoraggiante, non resta che ringraziare il Dio delle Reunion che, evidentemente, ogni tanto ci prende.