Tom Waits – Bad as me

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25 ottobre 2011 Anti badasme.com

I bravi contabili che si sono già messi a stilare ascolti e/o acquisti per le classifiche di fine anno hanno fatto i conti senza l’Orco. Puntuale con i primi freddi rispunta il cantautore di Pomona, intento a risarcire quanti avevano preso quel suo Real Gone troppo alla lettera. E se la carriolata dei brani di Orphans non bastava perché, dice, “è tutta roba vecchia”, ecco finalmente arrivare un nuovo album di inediti: il ventesimo in una carriera alla quale, a questo punto, sarebbe ingrato chiedere altre rivoluzioni copernicane del calibro di quella dell’84, quando al pianoforte il nostro preferì il martello pneumatico.

Arrivati qui, a contare sono soprattutto le sfumature. Quando proprio Swordfishtrombones veniva orgogliosamente promosso come il ‘disco senza sax’, ora ci accoglie la sezione fiati sugli scudi di Chicago, l’ultimo di una felicissima serie di quadretti urbani collezionati nel corso degli anni. Il ritmo incalza, dunque, ma lascia spazio anche ad incisioni ‘ordinarie’ come non se ne sentivano da tempo: Kiss me, ad esempio, è una jazz ballad in piena regola, un momento di romanticismo quasi confidenziale incastrato fra le convulsioni della title track e la Satisfied che omaggia gli Stones. Sfumature, si diceva: e a questo proposito permetteteci, per una volta, la babbionata di raccomandarvi un formato ‘fisico’ e un impianto stereo per potervele godere fino in fondo.

Difficile apprezzare altrimenti il Keith Richards indiavolato che si fa il verso da sé (sempre Satisfied) e il fidato Marc Ribot che imperversa tutt’intorno; o i clangori di Hell Broke Luce (altezza Bone Machine, suppergiù) che scivolano nella cantata post-natalizia di New Year’s Eve. Un Tom alticcio, malinconico ma in ottima forma che vi fa gli auguri e canta al vostro veglione: adesso sì che l’anno musicale è finito.