Youth Lagoon – The Year of Hibernation

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Sarà forse la suggestione provocata dalla nebbia o la malinconia latente che dietro ad essa si cela nelle domeniche autunnali, ma difficilmente il suono che dalla puntina si propaga timidamente al di fuori della finestra risulta tanto armonioso con l’ambiente circostante.

Aria, del resto, è anche sinonimo di “motivo”, e a Trevor Powers non dev’esser risultato difficile riempire le note del suo album d’esordio con la brezza rarefatta e umida dell’Idaho.

“The Year Of Hibernation” vede la luce nei primi giorni di ottobre e dimostra quanto la Fat Possum continui ad essere abile nel sondare il terreno fertile del sottosuolo musicale di casa.

Nell’anno dell’esplosione del fenomeno chillwave, del resto, pareva strano che l’etichetta di Oxford (Missisipi) non avesse ancora cacciato dal nido un giovane talento timido ed introverso da affiancare ai vari Ernest Greene (Washed Out) e Chazwick Bundick (Toro y Moi): tutti poco più che ventenni, inquieti e nostalgici, con la passione per i sintetizzatori di vecchia data e le elucubrazioni psych-pop di Ariel Pink.

Rispetto ai produttori da (rinchiudere in) cameretta sopra citati, il suono di Trevor Powers è ancor più intimo, incerto, a tratti febbrile; Youth Lagoon sembra voler raccontare meticolosamente l’istante in cui la brina mattutina sublima per effetto del sole: è un brivido tiepido che corre lungo la schiena e si protrae nei soliti riverberi vocali esasperati. Non ci sono ostacoli che si frappongono al suono, barriere che scandiscono il tempo o pareti che delimitano lo spazio. E’ un sogno, è luglio, è pomeriggio, è il vicino Montana. Affascinante e monotono… come la natura.