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29 Maggio 2012 | Jagjaguwar.com | Moonface.ca |
Chissà, forse Spencer Krug l’ha davvero capita stavolta. Alfiere di una quantità di progetti che nascevano come per partenogenesi da un una sostanza creativa che sembrava inesauribile e strabordante – l’indie-pop sofisticato dei Wolf Parade, le soluzioni sperimentali e agrodolci dei Sunset Rubdown, quelle un po’ più aspre degli Swan Lake, ha rischiando seriamente di implodere su se stesso, vittima della stessa idea borghese e pre-moderna del talento e del suo esercizio.
Finalmente dà vita a un progetto nato solista, Moonface
Con Heartbreaking Bravery il giovane prodigio raccoglie le idee e ne affida l’esecuzione ad una jam con la band finlandese dei Siinai, di chiara matrice rock-psichedelica. Ne esce un lavoro che, approfittando dei contorni lucidi e solidi del genio lirico, mostra le vie di fuga di un approccio ludico e metamorfico, facendo compenetrare visione e ottica visionaria, opera e performance.
Non che i precedenti a nome Moonface – due EP, Dreamland monotraccia di 20 minuti di marimba e percussioni e Organ Music un altrettanto prolisso esercizio su base d’organo, appena appena più screziato – fossero mal riusciti. Preannunciavano però una direzione pericolosa nella gestione della facondia artistica, ad un passo dalla linea dello stucchevole.
L’impasto della realizzazione con i Siinai, non necessita invece, come in passato, di una sofisticazione dei piani che metta in luce l’uno o l’altro aspetto dell’ispirazione krugghiana (che siano le suggestioni balcaniche, sudamericane o britanniche). Heartbreaking Bravery è un disco evidentemente concepito come cantautorale, ma ammantato di soluzioni istintive ed intarsi che appartengono alle cose migliori delle band di Krug, con l’aggiunta di un tensione elettrica di “grana grossa”. Potremmo dire, quasi giocando con i comuni natali, per dei paralleli irriguardosi (e che in quanto tali teniamo anonimi), che il “giovane” Krug, ha trovato i suoi “cavalli pazzi”.
Su di un impianto che rimane legato all’individualismo croon-waver anni ’80, ad esempio alle cose più languide di Julian Cope, si scorgono sprazzi da potenziali outtake degli REM di Monster (Yesterday’s Fire su tutte) e un sapore epico alla Talk Talk (l’alba tragica di Headed At The Door), ma soprattutto declinazioni rock “born in usa”, ma di quelle filtrate dalla loro appropriazione via Arcade Fire.
Se nelle strutture si cercano nuove soluzioni, che non siano i soliti crescendo o le entrate in scivolata di tastieroni (anzi c’è l’elettronica in fade out di Shitty City o Faraway Lightning, roba degna di un nuovo Blade Runner), la direzione è marcatamente psichedelica, ma forse c’è ancora qualcosa da fare sul fronte dell’uso della voce, da sempre elemento distintivo ma anche di irritazione per molti, che rende alla lunga spossante un ascolto intensivo dei lavori di Krug.
Nel suo percorso autoriale troppo precoce, troppo europeo, il canadese Spencer Krug è stato capace di fare un passo indietro verso quella dimensione collettivista e aperta riportata in auge proprio dal Canada degli Arcade Fire o dei Broken Social Scene, un po’ fricchettona forse, ma definitivamente risolutiva dei vicoli ciechi di un solipsismo ormai fuori dal tempo.
[schema type=”review” rev_name=”Moonface with Siinai – Heartbreaking Bravery” author=”Enrico Calligari” user_review=”8″ min_review=”1″ max_review=”10″ ]