Dargen D’amico – Nostalgia Istantanea

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“E dì una parola qualsiasi. Comincia con qualcosa di semplice” Così si apre la nuova opera di Dargen D’amico. Appare come una contraddizione in termini, dal momento che di parole qualsiasi il rapper più eclettico d’Italia usualmente ne adopera poche, e in questo caso meno che mai.

Nostalgia Istantanea si suddivide infatti in due macro-tracce (la prima, omonima, e la seconda, le Variazioni sul Tema) di circa 20 minuti l’una. La prima è più intimista, un freestyle/flusso di coscienza che si adagia sul beat di Emiliano Pepe e su quest’ultimo divaga, si perde e si ritrova in un territorio completamente diverso ad appena 2 minuti di distanza. La Variazione, viceversa, suona lievemente più organica e movimentata, un monologo allucinato popolato da figure femminili e altre presenze\assenze da contesto urbano contemporaneo. Derubricare questo disco a mera sperimentazione sarebbe riduttivo e ingiusto nei confronti di un artista che non ha più nulla da dimostrare, avendo già scritto pezzi memorabili specialmente in “Di vizi, di forma e virtù”.

Eppure, proprio nella sua opera più ambiziosa, Dargen sembra perdere qualcosa in incisività. Non che in Nostalgia Istantanea manchino i calambour e le intuizioni fulminanti che hanno reso di D’amico un profeta contemporaneo adorato da schiere di Fan e rispettato dalla stragrandre maggioranza dei colleghi, quanto piuttosto sembra che si perdano all’interno del mare magnum di parole; insomma si ha la sensazione che nessuno dei due brani raggiunga un punto definito, che metta a fuoco qualcosa.

Come accade in alcuni film autoriali, o magari leggendo scritti inediti di Foster Wallace, accade relativamente spesso di restare abbacinati dalla bellezza ma chiedersi “Cosa ci faccio qui? Come ci sono finito? Perchè dovrei ascoltare questa cosa una seconda o una terza volta?”.

In definitiva, rispettando profondamente il concept alla base di Nostalgia Istantanea e lodandone il coraggio rispetto a una scena italiana asfittica e refrattaria a qualsiasi rischio, viene soprattutto da pensare a un’occasione mancata, sebbene in modo deliberato e coscienzioso. Si tratta di un’opera che chiede all’ascoltatore un tributo d’attenzione forse troppo alto rispetto a quello che restituisce in termini di “piacere uditivo”. Le gemme pure ci sono, eccome, ma sono più difficili da trovare rispetto al passato