Liars – WIXIW

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Succede sempre così. Quando hai tra le mani l’ultima fatica di un tuo beniamino speri di ascoltare qualche novità ma in fondo vorresti un album come i precedenti. È il filo sottilissimo su cui devono muoversi band come i Liars con il loro seguito di fan molto esigenti.
Perché il vero seguace è un animale bizzarro: ha voglia di novità ma è spaventato dal cambiamento.
Partiamo quindi dalla buona notizia: questo WIXIW è il classico disco dei Liars, con qualcosa in più, o qualcosa in meno, comunque con qualcosa di differente. Non c’è la nebbia musicale da cui facevano capolino le sperimentazioni di “Drum’s Not Dead”, non c’è l’urgenza noise di “Liars”, non ci sono le strizzate d’occhio “radioheadiane” di “Sisterworld”.

Cosa c’è, vi starete chiedendo? Rispondo rivolgendomi sopratutto a quegli ascoltatori, spero pochi, che non conoscano a menadito la parabola compositiva del terzetto di New York. Cosa c’è in questo sesto lavoro dei Liars?
C’è il pulsare costante di basso e batteria che hanno il ritmo lento e cadenzato di un amplesso musicale. C’è la psichedelia sghemba dei Sixteen Floor Elevator, melodie semplici ripetute all’infinito come un mantra nelle atmosfere fumose della fumeria d’oppio cinese di “C’era una volta in America”. C’è la traccia quattro, “A ring on Every Fingers”, che sembra un pezzo degli MGMT mandato in slow. C’è “no.1 Against the rush” che poi è la mia traccia preferita. Un brano di un impatto disarmante, complesso, stratificato, ma basta che la voce cali un attimo e ci si accorge che quel muro di suono invalicabile è in realtà una delicata composizione di batteria minimale, tastiera ed una chitarra che gioca con gli armonici. Nulla più, niente effetti speciali, nessuno spazio per il superfluo.

WIXIW è un disco che farà felici i fan del gruppo ma anche un ottimo compendio per i neofiti. Missione compiuta ma a questo punto, la domanda è: “cosa si inventeranno la prossima volta?”. Spero un disco uguale a questo ma diverso, come tutti i fan.