Jherek Bischoff – Composed

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Un po’ come un disegno, Composed, è una linea di contorno nera e spessa che abbraccia i vari  colori che stanno a dare voluminosità alle forme, e il pittore dona a queste tinte i più bizzarri modi di esprimersi autonomamente, dalla primordiale vivacità di colori come il giallo a quelli più cupi densi, compatti e impenetrabili come il nero; oppure lo possiamo paragonare a una immensa opera cinematografica di cui Jherek è il regista, quello che butta giù le idee, quello che riprende e dirige tutto senza poi esserne il protagonista, ma anzi sceglie attori che possano dar vita alle immagini e alle emozioni da lui ideate il più realisticamente possibile.

Il riferimento al mondo cinematografico non è del tutto casuale, infatti, tra le altre innumerevoli attività a testimonianza del suo straordinario eclettismo, Jherek, è un compositore di colonne sonore.  Tanto per dimostrare l’anarchia intellettuale di questo compositore basti sapere che ha lavorato come arrangiatore per Xiu Xiu, Jacht e Evangelista, fa da polistrumentista per i Casiotone For The Painfully Alone, ha suonato con i Los Campesinos, è il bassista dei Dead Science, ed è il produttore delle Parenthetical Girls, e di Jason Webley. Uno che si è certamente sudato quello che ha ottenuto insomma.

La prima esperienza discografica del 2006 di stampo sinfonico e orchestrale viene pubblicata dalla Eleven Records, e conta la presenza di nove brani. Ora, passati sei anni, di certo non con le mani in mano, il nostro Bischoff, decide di fare le cose in grande: pensa di smuovere le più grandi menti della scena musicale moderna (e non) per dar vita a un qualcosa di impreciso, a grandi linee pop, ma che nel dettaglio è pieno di sfumature, di giochi e di rimandi, dalla musica popolare, a orchestrazioni barocche, al classico cantautorato americano, unificando il tutto sotto una personalissima visione della musica che ne da il tocco consenziente al passo avanti.

Tant’è che fa un po’ strano ritrovarsi in mano un lavoro che come collaboratori vanta nomi quali David Byrne, in Eyes, o Caetano Veloso con Greg Saunier in The Secret of the Machine. Ma tant’è. E si badi bene che questo lavoro non è un’accozzaglia di nomi messi lì tanto per far scena, ma è un progetto definito, studiato, curato nei minimi particolari.

Il tutto è partito da un ukulele al quale poi di volta in volta sono stati aggiunti elementi su elementi, addomesticati dalle svariate e camaleontiche voci che hanno accompagnato Bischoff nell’arrangiamento, che gli hanno donato una varietà e una molteplicità di sfaccettature in grado di rendere quest’album un qualcosa di unico. The secret of the Machine gioca animosamente con violini e percussioni dando vita, con la voce di Caetano Veloso, a un simpatico movimento stile Disney; Eyes invece, cantata da David Byrne, suona come uno dei momenti più alti di Andrew Bird; Blossom, con Nels Cline, sa molto di Patrick Wolf ebbro di orchestrazioni alternato a momenti di stasi, in cui la chitarra classica si fa elemento portante, e a momenti noise. Mentre Young & Lovely, che vede la partecipazione di Zac Pennington (Parenthetical Girls) e Soko, suona come un pezzo dei Placebo traslato sulle orchestrazioni barocche, ma sempre benefiche, di Sufjan Stevens.

Tutto questo gioco di rimandi, e tutte le collaborazioni, stanno a dimostrare la grande capacità del compositore di Seattle di sapersi adattare, o meglio, di saper uniformare la sua musica a stili tra i più distanti senza perdersi in giochi formali, ma puntando dritto alle emozioni, che quelle voci, così accuratamente selezionate, e quegli arrangiamenti perfettamente composti sanno dare; senza ghiribizzi virtuosistici o smanie di egocentrismo.

In questo caos, c’è l’equilibrio, ponderato e assoggettato alle proprie capacità registiche.