Acquista: | Data di Uscita: | Etichetta: | Sito: | Voto: (da 1 a 5) |
23 ottobre 2012 | Erasedtapes.com | peterbroderick.net |
Peter Broderick è un artista a tutto tondo, oltre che un personaggio decisamente non convenzionale (potete capire perchè guardando – e ascoltando – la sezione about del suo sito): nato in Oregon (USA) 25 anni fa, figlio di musicisti, sin dalla tenera età ha smanettato sui più diversi strumenti musicali, dal piano, alla chitarra, fino al banjo e alla sega, ormai ufficialmente sdoganato come strumento musicale. Da anni vive a Berlino, e prima di questo disco si è dedicato a diversi altri progetti: musiche per documentari, per spettacoli di arte contemporanea e di balletto, suonare insieme a un gruppo danese chiamato Efterklang, e a produrre EP e album a palate, molti dei quali decisamente sperimentali, sia musicalmente che concettualmente. A titolo di esempio si può prendere il precedente lavoro, che lui ha definito un “http album” proprio perchè non acquistabile in nessun modo ma solo ascoltabile dall’album-sito itstartshear.com.
A questo slancio multimediale il buon Peter ha pensato di far seguito, sempre con la modalità un po’ naif che caratterizza i suoi lavori, con l’album oggetto di questo articolo, un lavoro anch’esso legato in qualche modo alla sfera Internet ed in particolare alla sua ultima evoluzione social.
La genesi di questo album è da ricercarsi in una sorta di gioco iniziato per caso qualche anno fa attraverso la sua pagina flickr, su cui Peter ha pubblicato alcune bozze di musiche a cui stava lavorando. Da lì è iniziato un vero e proprio botta e risposta con gli avventori della pagina (e probabilmente la folgorazione social), che ha acceso nella mente del nostro la lampadina dell’idea di creare delle canzoni a partire da quei commenti e da quella sessione di lavoro casalinga.
La non convenzionalità e la passione di Peter per il canto e i suoni hanno fatto il resto, filtrando per osmosi in questa sua ultima creatura, etichettata da lui stesso come una collezione di esperimenti che hanno al proprio centro la voce nelle sue diverse sfumature.
Un album altamente intimista ed esistenzialista, che come il titolo fa intuire è diventato infine quasi un concept sulla vita di Broderick all’interno delle mura domestiche. In minima parte l’ispirazione viene dai gesti e avvenimenti che si consumano all’interno delle pareti di casa, che potrebbero addirittura essere soltanto quelle della sua cameretta, magari lasciandosi suggestionare dal panorama esterno (come in Inside out there, o Copenaghen ducks) o dalle notizie che gli arrivano via email (come in Freyr!, l’episodio più marcatamente folk del disco). Il resto è un compendio delle elucubrazioni che attraversano la mente di questo personaggio quasi surreale durante la permanenza nel suo caldo focolare, che assumono una forma ben lontana dalla forma canzone classica spaziando tra stili diversi soprattutto per quanto riguarda le parti vocali, il vero e proprio focus di questo lavoro. La musicalità è affidata quasi totalmente a dei loop di effetti elettronici o a delle scarne melodie di chitarra acustica o alla combinazione delle due, impreziosite qui e là da composizioni di archi e ogni tanto da parti ritmiche preregistrate, su cui Peter sperimenta diverse forme di interpretazione vocale, la cui unica caratteristica comune è quella di mantenere sempre un tono da carezzevole ninna nanna.
I’ve tried ad esempio nasce come tentativo di improvvisazione rap, ma la forma finale è quella di un pezzo a metà tra lo stile a capella e uno spoken words, che si muove su un effetto elettronico durante le strofe, a cui nei ritornelli si aggiunge una minimale sezione ritmica. L’esperimento viene ripetuto con la title track, che viene proposta in due parti: nella prima come reading in diretta di una “collezione di parole” (ipse dixit), con tanto di declamazione di data e orario, e nella seconda rappato su una base che rispecchia in maniera fedele il gusto musicale del suo autore, nonostante lo stile per lui nuovo. C’è infine da menzionare Proposed solution to the mystery of the soul, in cui il nostro si lancia in riflessioni di alto contenuto sull’anima in uno spiritual post-moderno, con un risultato al limite del non-sense per quel che riguarda il contenuto parolistico.
Prendendolo per quello che è, ossia un insieme disomogeneo di esperimenti, si può comunque dire che così come il suo autore These walls of mine sia un album genuino. Con estrema abilità Peter Broderick è riuscito dipanare un filo rosso, fatto di ambient e trascendenza un po’ guascona, che permette di non perdersi troppo tra le varie eccentricità delle sue creazioni e di dare tanta compattezza quanto basta a un disco che al momento del concepimento ne era totalmente privo. Il pregio più grande da ascrivere a Broderick è quello di aver forgiato un’opera che riesce a coniugare in maniera sapiente sperimentazione e ascoltabilità, proiettando un barlume di originalità sul genere folktronico e più in generale sul cantautorato. Con questo disco viene tolta quell’aurea di autoalienazione – che comunque, fisicamente, rimane – spesso presente in questo genere per trasformarla (grazie soprattutto a internet) in un reale momento di espressione e condivisione. Che, chissà, si potrebbe ribattezzare folktronic-social.