The Love Language – Ruby Red

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Stuart McLamb ha deciso di scrollarsi di dosso l’etichetta di “tizio chiuso nella sua cameretta che scrive canzoni carine sulla terribile sensazione dell’essere mollati brutalmente” e ha provato a creare un disco più universale, che potesse valere per la sua intera esistenza. Con il monicker di sempre, The Love Language, ha quindi dato una svolta pomposa al suo progetto solista: questo terzo album non sembra neanche suo. Oggettivamente, passare da un pop lo-fi a schiere di corni e archi, collaborando con più di venti musicisti, è uno stacco stilistico non indifferente, che non si è verificato dall’oggi al domani: Ruby Red è stato scritto piuttosto velocemente, dice lo stesso McLamb, ma il problema è stato raggiungere un livello soddisfacente di produzione. Al suo fianco in questa estenuante ricerca della perfetta resa sonora, come sempre, BJ Burton, il suo coach-produttore di fiducia. Per un anno, hanno vagato tra North Carolina e Minneapolis in studi di ogni sorta, accumulando tonnellate di registrazioni in multitraccia per approdare, infine, al risultato finale: mezz’ora di musica, dieci brani che apparentemente non c’entrano niente l’uno con l’altro, mentre in realtà non c’entrano niente l’uno con l’altro.

Comunque, questa vaga sconclusionatezza rientra nei programmi di McLamb, che vede questo disco come un mixtape: vari generi e vari mood si avvicendano nel corso di Ruby Red. Si parte con la base quasi motorik del singoloCalm Down, arrivando al pop elegante di Hi Lifepassando per il richiamo psichedelico di Kids. Ma è con Firstshot che ci si comincia a impressionare: il riff cattivo contrapposto al cantato da catechista alla messa domenicale ha un suo perché. Come ce lo ha ancheFaithbreaker, tipico exploit americano tra R.E.M. E Villagers…e un gruppo a caso della Merge Records: malgrado il buon tentativo di fare le cose alla perfezione, The Love Language non ha ancora trovato la cifra della sua unicità. Per quanto piacevole possa essere ascoltare Ruby Red, si rimane nel “gran calderone delle canzoni piacevoli”; e la poliedricità dei generi non aiuta, anche se prendendo singolarmente ogni pezzo la qualità si sente. Stuart McLamb, fatti delle domande e datti delle risposte.

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