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19/08/2013 | Bella Union | Lauraveirs.com | ![]() |
Sempre si è associata la trasparente dolcezza di Laura Veirs a quei suoi occhi sbrilluccicanti protetti saldamente in ogni loro scatto da un simpatico paio di occhiali dal colore che sfuma verso un profondo rosso vino. Tutto ciò di cui lei necessitava nel suo processo creativo era lì nel suo sguardo. Uno sguardo vitreo ma attento, fisso sul mondo e specchiato in un tempo su se stesso; uno sguardo che le permetteva, con mano sicura e con un tratto dettante circolari contorni, di rinchiudere nelle sue parole ciò che le faceva socchiudere le palpebre dall’emozione. Poco importava di cosa si trattasse: che fosse paura, amore, ansia o gioia. Il suo sguardo delimitava il tutto con matematica precisione e razionalità. Ora qualcosa è cambiato. Non è più la rotondità delle sue lenti a circoscrivere il mondo a lei presente, ma è quella del suo corpo, culla di un secondo figlio che a breve finirà anch’esso a essere paralizzato dagli occhi giudiziosi della madre. Per ora i due si completano in unico corpo e assieme traggono decise conclusioni su ciò che stanno vivendo, anche se a livello inconscio. Un incontro che apre il cuore e la mente della dolce cantautrice – ormai trentanovenne – originaria del Colorado.
Il suo nuovo e nono disco è forse uno dei suoi apici – assieme all’ormai lontano Year of Meteors del 2005 – per il semplice fatto che nonostante il genere folk continui a subire duri colpi da subdole contaminazioni musicali da tutti i lati, Laura Veirs riesce impreziosire il genere, e la sua discografia tutta, di caute venature pop che rendono il lavoro nel complesso godibile e per niente scontato, mettendo anzi in risalto il livello lirico mai sottovalutato dalla nostra cantautrice. ‘Sadako folding cranes‘, dal suono di una cullante ninna nanna, è la storia della bambina di appena due anni che riuscì a sopravvivere a Hiroshima per poi tristemente morire solo dieci anni dopo di leucemia. ‘That Alice‘, canzone dall’attacco rock e sviluppi imprevedibili, invece è dedicata ad Alice Coltrane, nota pianista statunitense nonché prozia di Flying Lotus. Forse uno dei pezzi più convincenti e riusciti del disco assieme a ‘Dorothy of the Island‘. Un brano, quest’ultimo, di perfetta ideazione. Probabilmente è ispirato a Dorothy Wordsworth scrittrice tra le varie cose di una poesia dal titolo Floating Island. Magari pochi mesi ancora e Laura potrà dedicare al figlio le parole che vennero un tempo dedicate a Dorothy dal ben più noto fratello William: leggo i miei antichi piaceri nei bagliori veloci dei tuoi occhi selvaggi. È tutta una questione di occhi, di sguardi e di piaceri che si perdono e che si ritrovano negli anni a venire in ciò che portiamo dentro: per Laura un bimbo. Un disco di orizzontale razionalità e verticale bellezza, come il perpendicolare intreccio di trama e ordito – gli elementi citati nel titolo – che ne delineano gli sviluppi.
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