Turin Brakes – Circolo degli Artisti [19/06/2014]

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ATTITUDINE E VISUAL:
 il circolo degli artisti è senza dubbio una location accattivante. Sia dal punto di vista estetico, con uno spazio esterno accogliente e uno interno ben architettato, sia inteso come comodità per la band nell’attesa della loro esibizione. Ci sono spazi giusti, e trovare un posto così a Roma, nella zona centrale non è semplice.

AUDIO: La resa acustica si è rivelata sorprendente e non perché chi vi scrive nutrisse qualche dubbio in merito all’impatto sonoro della sala, ma al contrario, perché la musica di Olly Knights e Gale Paridjanan e le loro chitarre folk non fosse abbastanza valorizzata. Invece si è rivelata una sinergia sorprendente, dovuta anche al fatto che la band inglese ha alzato il volume dei suoi pezzi, specie quelli di recente produzione. Unico e piccolo appunto la batteria, che è sembrata un po’ sottotraccia rispetto al suono complessivo.

SETLIST: la scaletta del concerto è stato un mix che ha pescato dal passato delle prime produzioni, intervallate da pezzi nuovi. Lo stacco si sente ed è forte ma mai incerto. I classici come “Painkiller” e “Underdog” o “Fishing for a dream” risentono di quel fenomeno musicale di fine anni novanta, definito dal music businness come lo-fi movement, e che vedeva un ritono di attenzione verso la canzone intesa in senso classica. Alfieri di questo movimento sono stati i norvegesi Kings of Convenience, i primi Coldplay o il superlativo David Gray, forse vero punto di riferimento vocale del gruppo inglese. Le ultime produzioni come l’iniziale Time and Money e Guess your Heard suonano invece come un tentativo di emancipazione da quell’etichetta. Suono più avvolgente e chitarre più rock, stile quasi californiano, con inflessioni psichedeliche quasi uscite da un disco dei Doves. Cambiamenti ancora allo stato embrionale ma da seguire per capire l’orizzonte poetico della band.

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MOMENTO MIGLIORE: Il finale, forse un po’ tronco, con il coro save me dal pezzo Underdog rimane un riff coinvolgente. Un po’ forse retrò ma accattivante. Lascia quel sapore agrodolce che una canzone bella davvero dovrebbe trattenere anche a distanza di anni. E l’interpretazione, fedele come un vinile ben conservato ne fa splendere ogni tanto di nuova luce.

PUBBLICO:  Numeri scarsi per i Turin Brakes. Nel massimo di un concerto durato un ora e mezza si sono raggiunte le cinquanta unità. D’altronde, la band, che calcato grandi palcoscenici come supporto dei Coldplay negli anni passati, ieri aveva una concorrenza forte: il tempo mite di una Roma e di un posto che si avvia verso l’estate, e i megaschermi che trasmettevano la partita Inghiltterra – Uruguay, comunque brutta e sfortunata.

LOCURA: L’estate che torna a fare capolino nelle serate romane porta gli effetti secondari: zanzare formato elicottero che hanno dato il benvenuto alla band nel pre-concerto. La band ha avuto modo di ringraziare “i mosquitos” più volte durante il concerto.

CONCLUSIONI: Concerto interessante. La sensazione è che la band sia a un punto di svolta della loro carriera. Decidere di rimanere band simbolo di un percorso musicale che forse ha dato il massimo di ciò che poteva dare, o rinnovarsi in modo originale, ripensando il suono. I Turin Brakes partono con due punti di vantaggio indiscussi: un talento compositivo al di sopra della media, e delle voci calde ed eleganti, che non sono così frequenti nella storia recente del pop-rock inglese. Credo che spostare definitivamente la produzione dei prossimi album negli Stati Uniti aiuterebbe la metamorfosi e il talento del duo inglese, assolutamente da preservare nella loro originalità indiscussa.