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28 Novembre 2014 | Autoprodotto | metibla.net |
Crimson Within è un omaggio, un cangiante riassunto esistenziale, con tutti i pro ed i contro della faccenda: lampi di gioia indissolubile e cadute negli inferi più profondi dell’essere umano compresi. L’importante è non perdere lo spirito, mantenere la propria essenza, non confonderla con lo splendore – presunto o reale – circostante. Altrimenti si rischia grosso, e questo vale per tutti. Un concept sull’immaginaria e spesso fuorviante realtà quotidiana: quella falsa sfilata giornaliera basata spesso sul nulla e altrettanto spesso sui soldi, sull’immagine proiettata di se.
Riccardo Ponis – mente dietro al progetto -, un giorno come tanti, scende in garage e comincia a spulciare fra le cose del defunto padre. Si imbatte inevitabilmente nelle reliquie di una vita: lettere d’amore, foto di donne nude e poesie. Decide di trarne spunto, ispirazione, lezione. Tutto all’interno dell’album verte sull’inadeguatezza, sul sentirsi non preparato al cospetto di una realtà troppo difficile per essere affrontata; giustificando così le tante scuse create con il solo scopo di non essere felici.
Inciso a Roma presso L’Hombrelobo Studio di Valerio Fisik – che ha contribuito in prima persona all’arrangiamento di alcuni brani – il secondo lavoro in studio della band si rivela un crogiolo di energia ed introspezione. Il punto di riferimento rimarrà per buona parte del disco il periodo d’oro della New Wave anni ’80 “Crimson Within” , riletta in chiave moderna “Your Goddamn Show“: ma scordatevi l’indie d’inizio decennio, per intenderci. Colpiscono i passaggi a cavallo fra Industrial di matrice Nineties ed echi a là Depeche Mode – “Become You“, “Space” -, stordiscono le bordate Punk-Rock di “Be My Bloody Baby“. Mentre sul finale viene dato campo a quella che credo sia una passione condivisa del gruppo: Lou Reed ed i Velvet Underground.
In conclusione, una prova ben costruita fin dalle fondamenta; graffiante ed oscura, evocativa, che prende a piene mani da quelle passioni musicali capaci di far brillare gli occhi ai ragazzi del ventennio ’80 / ’90. Un canovaccio che segue la dinamica di un vissuto tormentato, ma non per questo meno degno di nota, anzi, forse l’esatto contrario.
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