Si può raccontare Roma in un solo articolo? Ovvio che no. Anche se ne scrivessi mille, non basterebbero. Ma una cosa, al di fuori di ogni dubbio, si può dire: Roma è un grande contenitore di storie, storie che si accumulano le une sulle altre, dalle più antiche alle più recenti, dalle più note alle più nascoste, in un groviglio di simboli, di cronache, e di arcani, che non conosce termine. Roma è principalmente questo. Una stratificazione infinita di storie. Come l’opera di un pasticcere folle, come la torta di un matrimonio che non si farà mai, e intanto cresce, cresce, cresce, superando gli obelischi e pure i colli, come un Torrone di Babele.
Hai visto? Ti ho raccontato Roma in poche righe. Altro che mille articoli.
Roma, aldilà dei disastri piovani, aldilà della manutenzione fantasma, aldilà della cattiva politica, aldilà di certi orrori architettonici, aldilà dei monumenti deturpati, aldilà delle tensioni sociali, aldilà dell’Ultras-Violenza, aldilà della viabilità infartuata, aldilà della sporcizia. aldilà della corruzione, aldilà delle esecuzioni in pieno giorno, aldilà dei Casamonica, aldilà dei misteri sulla banda della Magliana, aldilà delle reticenze sul caso Moro, aldilà di Emanuela Orlandi, aldilà di Simonetta Cesaroni, aldilà del Canaro, aldilà dei NAR, Aldilà dei mostri del Circeo, aldilà degli anni di piombo, aldilà delle ripartizioni urbanistiche da Divide et Impera, aldilà dello smog, aldilà dell’amianto, aldilà dell’emergenza abitativa, aldilà della minaccia terroristica, aldilà delle infiltrazioni criminali Calabre e Campane, aldilà dei trasporti inefficienti, aldilà del degrado centrifugo, aldilà degli spettri del Vaticano, aldilà dell’assassinio di chi narrò Donna Olimpia, aldilà del conformismo del suo ceto intellettuale, aldilà dell’amministrazione assai poco limpida, aldilà di tutto questo, e molto altro ancora, non è poi così male. I supplì, la vista dei Fori Imperiali, e il fascino di certe palazzine hanno ancora un loro perché.
Ma Roma, oggi, è soprattutto la città dei mille artisti, e filosofi sconosciuti ai più. La città dei mille Carneadi che ci provano ogni giorno, a volte con rassegnazione, a volte col radioso lume dell’utopia incapsulato nei bulbi oculari. Tutti, comunque, animati dal fuoco sacro di una passione insopprimibile: l’arte. Dalla musica alla poesia, dal teatro alla pittura, e via discorrendo.
Esiste un mondo sotterraneo, qui a Roma, come di sicuro in tante altre città, che cerca, nonostante tutto, di lasciare il proprio autografo sulle Tavole del Tempo. Avete presente la scoperta dell’acqua calda? Ve ne do un saggio: a Roma, ogni maledetta serata che ha fatto Dio, si suona musica dal vivo: di ogni genere, a qualunque prezzo, anche gratis. Basta cercare. E spesso, anche se non cercate, è lei a venire da voi. La lunga premessa era doverosa, giusto per darvi un’idea del contesto in cui si muovono questi Carneadi di Manzoniana memoria, questi eterni emergenti, questi strani frutti del sottobosco artistico. Nello specifico, vi parlerò di due gruppi musicali che ho avuto modo di conoscere personalmente, in occasione di alcuni eventi live nei locali della Capitale: i The Konspirators, e i Nynfea.
The Konspirators
Come si legge sul loro sito web, avaro di notizie biografiche: “Dei Konspirators si sa ben poco”. Potrei dirvi che il cantante e leader della band risponde al nome di Emiliano Liberatori, ma non ci metterei la mano sul fuoco, scimmiottando Muzio Scevola, dato il sospetto, assai arduo da fugare, che il cospiratore in questione agisca sotto falsa identità.
Insomma, quel poco che sappiamo dovremo farcelo bastare. Nell’ordine:
1. Ogni membro della band si fa chiamare K, e per distinguersi dagli altri aggiunge alla lettera un numero naturale (K1, K2…). Attualmente sono in quattro.
K1 (voce, chitarra), K2 (chitarra, voce), K3 (basso elettrico), K4 (batteria).
Per saperne di più, rivolgetevi ai servizi segreti, a vostro rischio e pericolo.
2. Il loro sito internet è strutturato ed impostato graficamente come il portale di una testata giornalistica, in cui le news dal mondo si mescolano a quelle riguardanti la band, sotto il segno di uno sberleffo satirico che riflette lo stato confusionale e frenetico dell’informazione. L’ultima chicca visibile sull’home page è il link che rimanda al videoclip di “Mattarella di Luna“, brano con cui salutano “l’avvento” del nuovo presidente della Repubblica Italiana.
3. Il loro è un punk che, con ironia ed autoironia, non risparmia niente e nessuno. Nemmeno gli stessi autori. Non a caso il loro primo, e finora unico album, ma ancora per poco, s’intitola “Regressive Rock“.
4. I “The Konspirators” hanno dalla loro una notevole capacità di attirare nuovi seguaci in vista del Grande Complotto. Infatti, alle loro adunanze partecipano spesso esponenti della scena romana e non: da Chiazzetta, ai Glareshift, passando per membri dei Profhilax e dei Belladonna.
5. Sempre sul loro sito, è presente un gustoso, seppur breve, racconto a fumetti dal titolo “A Konspiracy Story“, a cura di Federico De Luca, il cui stile può essere ammirato anche sulla stampa grafica del cd di “Regressive Rock“, dove viene ripreso un dettaglio del suddetto racconto a fumetti, ovvero “Er Cuppolone” visto da Via della Conciliazione, con l’aggiunta di un disco volante. Del resto, la miglior cospirazione mai immaginata è proprio “L’Invasione degli Ultracorpi”.
6. Se avete voglia di approfondire ulteriormente il mondo dei Konspirators, e dei loro seguaci, fate un salto sul loro canale ufficiale, visibile su Youtube, che porta il nome di “KTV Music Television“. Vi ricorda qualcosa?
7. Pare che K1 coltivi in segreto una passione per gli Oasis. La fonte non è acclarata.
A proposito dell’album, che dire? Senza dubbio è uno dei dischi più diretti, divertiti, e divertenti, che abbia avuto modo di ascoltare venendo a contatto col cosiddetto mondo “Underground”. Questo grazie ad uno stile asciutto ed immediato, che guarda al sarcasmo iconoclasta dei Dead Kennedys (“Glorify”), a certe inquietudini in salsa CCCP (“Analisi”), al divertissement in chiave rock-blues (“Maturità”), ed è capace di regalarci almeno due perle assolute che non avrebbero sfigurato nel repertorio degli Skiantos, lasciando intendere che, dietro l’apparente patina di cazzeggio, c’è un’evidente abilità nello scrivere canzoni punk come non se ne fanno più, con quel gusto per l’ironia, e a tratti per il non-sense, che era proprio di Freak Antoni (“Stare Bene”, “Punkabbestia”). Buon complotto a tutti quanti!
Per ulteriori informazioni, potete trovare l’album in streaming al seguente indirizzo: konspirators.bandcamp.com/album/regressive-rock
Nynfea
La seconda band, con la quale ci avviamo a concludere questo excursus nella periferia musicale romana, è invece di tutt’altra pasta, di tutt’altra specie. È una band che brilla di una luce oscura, come la voce di Monica Gregori, in arte Monyva, leader dei Nynfea. Cantante e poetessa, o meglio “cantantessa”, come lei stessa si definisce nelle note personali presenti sul sito della band. Un’infaticabile rocker che la sera infiamma i palchi, e alle 4,30 del mattino deve alzarsi per andare a lavorare. Perché ogni band, per inseguire la propria vocazione, si fa un mazzo così, che sia per un mercoledì sera al Testaccio, o che sia per un Contest in Culonia, o a Monterotondo.
La personalità di Monyva è di quelle dirompenti, di quelle che racchiudono, fra il diaframma e i punti di risonanza della scatola cranica, una notevole quantità di sfumature, magari non valorizzate appieno sul disco d’esordio, ma che ho potuto riscontrare in sede live, che poi è quello che conta. C’è una costante tenebrosità che attraversa, che permea l’album omonimo dei Nynfea, che rimanda, nei segmenti meno concitati, ad atmosfere di gruppi del passato italiano, e romano, dalla forte impronta femminile, come i “Morgana’s Kiss“. Un’energia rock, a tratti incontenibile, che ruggisce lungo la spina dorsale dei crescendo emotivi, che innesca esplosioni metal, e attraversa come un brivido la linearità di molte strutture, che non possono non ricordare certi anni ’90, ed in particolare tutta la musica nata sull’onda del grunge (Scacco Matto).
Ma c’è di più. “Nessun Rimpianto“, la quarta traccia, offre, nel lancio verso il refrain, un pregevole squarcio di reminiscenza dark, debitore tanto della Firenze anni ’80, quanto di epigoni misconosciuti come “Le Vene di Lucretia“. A fare la differenza qui è l’interpretazione di Monica, che si cala in un’efficace parentesi parlata, aggiungendo quel tocco di teatralità che non guasta. Merita una menzione anche “Falsi Gesti“, che parte come un’oscura rock ballad, per poi lasciarsi travolgere da repentine accelerazioni, che la proiettano verso altri lidi, non meno minacciosi. Non tutti i colpi finiscono a segno. In particolare, la seconda parte del disco, almeno per chi scrive, denota una certa ripetitività. O forse un mio desiderio: sentire Monyva alle prese con ambientazioni musicali più ariose, od eteree. Sono sicuro che con la sua estensione vocale, e con i suoi timbri, ora più inquietanti, ora più seducenti, realizzerebbe qualcosa di memorabile.
L’album dei Nynfea, oltre a testimoniarci, con una manciata di brani riusciti, la potenza di fuoco di una band agguerrita, ci mostra alcuni interessanti scorci lirici, ad opera di Monyva. Ne riportiamo appena un paio.
Il primo, da “Principessa”
“Mi ricordo immobile quel giorno
passato in cui tutto era possibile
Mi rendeva come non sono più
E mi cattura ancora…”
Il secondo, ed ultimo, tratto da “Il Salto”
“In queste case a schiera,
replicanti scalzi incalzano
una danza prigioniera…”
I Nynfea sono: Monica Gregori, in arte “Monyva” (voce/chitarra); Luca Filosa, in arte “Bacillo”(chitarra); Matteo Durante, in arte “Rebus” (basso); Marco Filosa, in arte “Incubo” (Batteria).
Se volete approfondire la questione, ed addentrarvi nella cripta dei Nynfea, alla ricerca di tesori sepolti, potreste iniziare dal loro album, ascoltabile interamente in streaming sul loro sito: www.nynfea.com/band.html
PICCOLA NOTA POSTICCIA:
Sono in pochissimi a registrare ciò che avviene nel mondo sommerso dei locali romani, spesso sommerso anche dal punto di vista fiscale. Sono in pochissimi a tentare di andare affondo spendendo un po’ di più delle classiche due paroline. E questo per vari motivi, non ultimi lo snobismo e la mancanza di curiosità. E poi certo, c’è anche la pigrizia, e qui io per primo faccio mea culpa, che a Roma, culla della cristianità, ci sta come il cacio sui maccheroni. Certo, a ben vedere, è un sottobosco, quello romano, che non va mica tanto idealizzato, pieno com’è di palloni gonfiati dalla creatività pressoché nulla, e di direttori artistici che fanno ridere i polli. Ma in mezzo a tutti loro, da qualche parte, in qualche locale, in questa città scoglionata, c’è ancora qualcuno capace di farti canticchiare, passeggiando per strada, all’improvviso: “Quanto sei bella Roma quand’ è sera”.