Thee Oh Sees – Mutilator Defeated at Last

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John Dwyer ha l’aspetto di un ragazzaccio e la scritta “SONG” tatuata proprio sotto la gola, che campeggia in mezzo a uno stormo di rondini. Comincia a fare musica da autodidatta, buttandosi nel Noise provinciale di Providence (Rhode island), poi nel Grindcore, e di nuovo nel Power Noise: adrenalina e rumorismi. Preso da questa compulsione musicale, John comincia ad avvicinarsi al Garage Rock con i Coachwips (in barba ai puliti e ammiccanti White Stripes), prediligendone sempre e comunque la vena acida. Poi fu la volta della pausa solista durata fino al 2006, quando fonda a San Francisco Thee Oh Sees: in terzetto (chitarra, basso e batteria) poi quartetto.

Oggi i Thee Oh Sees sono una band di punta del Garage californiano, e arrivati a questo punto non si può certo parlare di dilettantismo: nonostante l’aria sempre cazzona del nostro, oramai alla soglia dei quaranta – temperamento da scheggia impazzita, irriverenza e tanti album all’attivo, l’ultimo uscito da poco a distanza di un anno dal precedente.

Mutilator Defeated at Last (Castle Face Records, l’etichetta fondata da Dwyer pre Oh Sees) segna il ritorno della tastierista e cantante Brigid Dawson e, come hanno dichiarato loro stessi nella pagina Soundcluod:

“Drop, uscito l’anno scorso, era più schizofrenico, vagava avanti e indietro dall’heavy allo stravagante, Mutilator Defeated at Last ha più in comune con la grandiosità monolitica di Floating Coffin“ 

Il nono album della formazione americana è un disco di Garage Rock spinto all’estremo, grezzo e accelerato, sperimentale in tutte le sue sfumature – pare che il leader della band avesse dichiarato che: “Il futuro degli Oh Sees sarebbero state le chitarre” e possiamo credergli ascoltando “Whitered Hand”. I Thee Oh Sees di Mutilator Defeat at Last sono distorti ma meno dissonanti, più ipnotici e psichedelici – come in “Web” il singolo che apre l’album, una “Astronomy Domine” dall’atmosfera travolgente e sinistra – non disdegnano la melodia, pur conservando vocalizzi sporchi e drogati. L’anima del gruppo, caotica e selvaggia, a tratti insopportabilmente disagiata (i quattro minuti di “Lupine Ossuary“) si esprime qui in maniera più definita e coerente, più a fuoco. I loro live sono garanzia di flusso sonoro inarrestabile e degli imprevedibili numeri da palco da parte di John Dwyer: vedere per credere, venerdì 5 giugno arriveranno da San Francisco al Beaches Brew Festival, spiaggia Hana-Bi a Marina di Ravenna.