Iceage @Monk (Roma) 01/06/2015

iceage
Attitudine e visual

Il Monk è un bel locale, possiede le carte in regola per sostituire il compianto Circolo Degli Artisti recentemente chiuso per noti problemi autorizzativi. L’ingresso è gradevole con un giardino esterno molto carino. Il locale interno è ben strutturato: un pub all’ingresso (con una buona scelta di birre) e soprattutto una sala concerti, che al contrario del circolo, non è un tunnel stretto ed angusto, ma molto ampia ed accogliente.

Mi siedo in giardino a sorseggiare una birra e di fronte a me vedo quattro “pischelli” intenti a scolarsi una bottiglia di vino, li sento parlare e solo dopo intuisco che sono gli Iceage. Li osservo e penso tra me e me che non solo possono essere miei figli, ma forse i loro amici più piccoli. Tutti più o meno classe 1992, dovrebbero avere sui 23 anni ma ne dimostrano molti meno.

Ho avuto già modo di parlare (molto bene) della band nella recensione del loro stupendo ultimo disco “Plowing into the field of love”: un album davvero impressionante per capacità di sintesi – parliamo di una commistione fra il Blues sepolcrale a là Nick Cave / Birthday Party ed il sound “desertico” dei Drones. Vederli dal vivo mi premeva pertanto davvero molto.

Le mie attese, non solo non sono state deluse, ma credo di aver assistito ad uno dei più bei concerti della mia vita (e vi assicuro che non ne ho visti pochi). I quattro pischelli di cui sopra, dal vivo sono una vera macchina da guerra con basso e batteria sugli scudi; in particolare il batterista (Dan Kjær Nielsen) maneggia le bacchette in maniera davvero particolare, scatenando un inferno di percussioni nel quale trova campo fertile la chitarra di Johan Surrballe Wieth. Menzione a parte per la voce degli Iceage: Elias Bender Rønnenfelt possiede la stoffa per diventare un vero iguana. Ruggisce, urla, sputa e sbraita come un vero animale: davvero sorprendente.

Audio
Il Monk sfoggia ottime credenziali da questo punto di vista, essendo dotato di un’acustica finalmente di livello – qualcosa di non così usuale, soprattutto per chi frequenta i locali della capitale. L’unica pecca forse va attribuita al suono della chitarra-  talmente alta da coprire, a tratti, la voce (un vero peccato tenuto conto quanto importante sia l’apporto di Elias nel sound del gruppo).

Setlist
13 canzoni. Saccheggiato, come prevedibile, l’ultimo disco con ben 8 pezzi su 13, due da You Are Nothing (“Morals” e “Everything Drifts”) ed una dal primo New Brigate (“In my Eyes”). Ma soprattutto due inediti davvero poderosi che fanno ben sperare per il loro prossimo disco (un ritorno al dark punk alla Christian Death?)

1) Let It Vanish
2) On My Fingers
3) Glassy Eyed, Dormant and Veiled
4) The Lord’s Favorite
5) Stay
6) (Unknown)
7) (Unknown)
8) Forever
9) In My Eyes
10) Morals
11) Plowing Into the Field of Love
12) Abundant Living
13) Everything Drifts

Pubblico
Davvero poche persone, probabilmente a causa della scarsa pubblicizzazione dell’evento.

Locura
Divertente vedere il frontman agitarsi come un pazzo per poi crollare a terra sbattendo la testa su di un faretto, rialzandosi come se nulla fosse. Era visibilmente ubriaco quindi credo non abbia sentito nulla.

Momento migliore
L’inizio, con il batterista che entra in solitaria sul palco, cominciando a picchiare i tamburi per una decina di minuti – riproducendo la marcetta “Let it vanish” –  e lasciando che gli altri componenti del gruppo compaiano lentamente. Il rock è tutto lì, intesa e passione, come la scarpa con il tacco che campeggia sul loro fantastico ultimo disco.

Conclusioni
Gli Iceage hanno le potenzialità per conquistare, in un futuro non troppo lontano, una fetta di pubblico ancora maggiore. Sono giovani, spavaldi, ma soprattutto suonano bene ed hanno fame, fame di rock. Attendiamo con ansia la loro quarta prova che, probabilmente, li consacrerà ad un successo oltre la nicchia che si sono attualmente conquistati.