L’urlo e la maschera: elogio semiserio a Wes Craven

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Tentativo non richiesto, inevitabilmente prolisso ma il meno banale possibile – si spera – di ricordare una persona che non conosco, non ho mai conosciuto, non avrò mai occasione di conoscere, ma che mi spiace lo stesso non sia più tra noi.

La cosa bella e stuzzicante di quelli come Wes Craven è che puoi averli conosciuti – e conosciuti bene, tremendamente bene – senza averli mai visti in faccia. Ti basta però aver incrociato una delle sue maschere almeno una volta, per dire di poterlo riconoscere tra mille, probabilmente a occhi chiusi. Chi ha l’età giusta per aver sperimentato la fibrillazione di Nightmare nel pieno dell’adolescenza – non io, sfortunatamente – ha stretto la mano artigliata di Mr. Wes facendo conoscenza della faccia purulenta e butterata di Freddy Krueger, prendendoci confidenza ogni notte di più, al limitar del sonno.

Come tanti, anch’io sono cresciuto sul finire degli anni ’90 con la saga di Scream, e il signor Craven l’ho intravisto per la prima volta nella maschera urlante di Ghostface – che faceva cagare (addosso) proprio perché non urlava. Anzi, strozzando l’urlo in gola mentre soffocava a morte qualche malcapitato studente di Woodsboro. Ne ha scritto bene Roy Menarini – ebbene sì, appioppo la citazione, portate pazienza:

“Una maschera artistica che prende a prestito, dal capolavoro museale figurativo [Il grido di Munch, n.d.r.] , il dato iconografico più inquietante. L’urlo appunto, cui si oppone il vero grido della vittima. Specchio dell’omicidio, nella maschera di Scream le vittime trovano il proprio stesso volto trasfigurato dall’orrore e della morte”.

– The Body Vanishes, Lindau, 2000.

Minchia. E chi la sapeva sta storia. Chi se le faceva ste mirabili pippe intertestuali nel lontano 1997/1998 (ho detto intertestuali). Io no di certo. Non ancora, almeno. Troppo grande per le strisce di Topolino e troppo piccolo per sbavare su qualunque donna che non fosse la giunonica Carmen Electra innaffiata d’acqua in intimo bianco e tetta siliconata di Scary Movie. Me ne stavo lì sul divano davanti alla Tv, aspettando di esser spaventato da una comparsata di Ghostface in un angolo della casa di Sidney (o ancora peggio di essere sorpreso dal rincasare dai miei mentre’ero intento a divorare film vietati ai minori). Chissenefrega, direte voi. O fottesega, se siete nati dopo il ’97 e di Craven aveste visto soltanto gli youtubers-smanettatori mediali in botta per Scream 4. Ma insomma, che si conosca o meno Craven, che lo si adori per Scream, Nightmare o Le colline hanno gli occhi, che uno frequenti l’horror citazionista o se ne fotta beatamente del decostruzionismo postmodermo, sono pronto a scommettere che almeno una volta ci si è trovati tutti davanti (o dietro) alla maschera di Ghostface. Foss’anche per un ragazzino che la indossava al party di Halloween della scuola media – io credevo di essere originale, oggi c’è la versione con pulsante e filo per farci scorrere il sangue sopra. O riproposta sugli scaffali del discount più becero a fine ottobre. Si, quella lì, rabberciata, tarocca, d’imitazione, che puzza di plastica bruciata, cucita talmente male che non sai decidere se sia quella dello Scream originale o quella stirata in una smorfia sballatamente strafumata dei vari Shriek e Scary Movie (bellaaaaaaaa!!). Ecco, perfino dietro quella maschera da due soldi, si nascondono Wes Craven e i suoi incubi che hanno puntualmente riscritto l’immaginario. Figo.

Ma qual era, poi, il suo film horror preferito?
R.I.P.