Disclosure – Caracal

Acquista: Voto: (da 1 a 5)

Caracal esce due anni dopo Settle, primo sorprendente disco dei fratelli Lawrence. Come ogni seguito di un album acclamato sopporta il peso di aspettative che chiamano in causa qualche paradosso: il pubblico vorrebbe un lavoro qualitativamente come il primo e contemporaneamente va cercando la prova tangibile che per i Disclosure sia assolutamente normale fare, ogni due anni, un disco in quel modo. Ora, ci pare che di queste aspettative, né l’una, né l’altra siano state rispettate. Da un lato il livello di Caracal non tocca certe vette e dall’altro non è comunque un disco “normale”.

La schiera di ospiti presenti, proprio perché di enorme lusso, può generare un effetto quasi ansiogeno. Sembra di essere ad uno di questi “award di qualcosa”, dove tutti indossano il vestito buono, dove esibiscono la provocazione innocua e poi fanno la performance da boom di visualizzazioni. Così sul tappeto house venato di r’n’b e soul sfilano The Weeknd, Kwabs, Lorde, Miguel, l’ormai prevedibile Sam Smith e altri ancora. Non si può certo dire che Settle sia stato carente in fatto di ospitate ma allora gli ospiti sembravano “al servizio” dei Disclosure, attratti (oltre che “dall’affare”) prevalentemente dalla qualità della proposta. Caracal, invece, sembra più una curatissima raccolta di canzoni cucite su ospiti che sembra “dovessero” essere presenti al galà. A tratti si prova quella stessa leggera delusione che abbiamo avuto nel constatare lo scarto tra il primo e il secondo disco di SBTRKT: qui c’è Sam Smith come lì c’è stato Sampha, nel ruolo di portabandiera alla cerimonia di apertura dei giochi.

Viene in mente, per contrasto, l’acuta robustezza di Andy Butler aka Hercules & Love Affair quando decise di non reiterare il facile ricorso ad Antony Hegarty. Ci sono poche accelerazioni e pochi ritmi spezzati da dancefloor in Caracal (giusto “Holding On” con Gregory Porter e “Echoes“) ma permane una quantità non irrilevante di canzoni finemente laccate e dalle bassline profonde. “Superego“, “Jaded” e “Magnets” (con Lorde) non sono solo buone per accompagnare qualche aperitivo. Più spesso che in passato le intuizioni dei Lawrence sono ammansite e impacchettate nell’involucro della canzone pop e r’n’b, ma è canzone d’alta scuola, in ogni caso. Viene in mente che nel carosello di voci, forse, manca quella che avrebbe dato un plus imponderabile a questo disco di valore: chissà con quale abito si sarebbe presentata al galà, una come Róisín Murphy.