Brothers in Law – Raise

Acquista: Voto: (da 1 a 5)

Ai Brothers in Law piace uscire d’inverno, ma visto che lungomare di Pesaro in quel periodo è un po’ desolato, hanno pensato bene di portare un po’ d’estate anche se fuori fa freddo. Così se il 30 gennaio 2013 usciva Hard Times for Dreamers, tre anni dopo, il 29, esce Raise. Otto brani che dimostrano maturità e piena coscienza dei propri mezzi. Il trio pesarese si definisce “Noise Pop” ma c’è molto altro: ci sono i Band of Horses, un pizzico di dark stile Cure, i fraseggi di chitarra molto vicini ad Apartment ed Editors.
La vicinanza del mare si sente; non è difficile immaginarli a provare i pezzi che saranno presenti in Raise nei pomeriggi e nelle sere d’estate, per poi tuffarsi in acqua o farsi una birra in spiaggia. Mentre in Hard Times for Dreamers il suono risultava più malinconico, come spiegano nella descrizione dell’album stesso, oggi:

«Sentono il bisogno di andare oltre quell’atteggiamento di desolato sconforto che aveva ispirato buona parte del nostro primo album»

Il trio è proiettato ora verso suoni più solari, ballabili, spensierati. Colonne sonore perfette che rievocano le atmosfere di quei bei telefilm americani dove c’è sempre una band che suona mentre le coppie si appartano e gli altri si divertono. Se in Italia ci fossero situazioni del genere i Brothers in Law sarebbero perfetti.

Raise parte subito deciso con Oh, Sweet Song, primo singolo uscito insieme a Middle of Nowhere; riff distorto in apertura e fraseggi di chitarra stile Cure nella strofa: il più rock dell’album. Mentre All the Weight e Life Burns, affondano le radici nell’indie rock moderno. Azzeccata l’idea di proporre Middle of Nowhere come singolo: Il “coro” iniziale, che poi si riproporrà nel ritornello, ci rimarrà in testa per parecchio tempo.

Se la partenza ha manifestato una matrice prettamente rock, la seconda parte dell’album risulta più riflessiva, introversa. La voce in Through the Mirror e No More Tears è bassa, quasi baritonale, capace di modularsi nei ritornelli; ad accompagnarla c’è una chitarra solista, per un’atmosfera quasi surreale. Chiudono Compose (Leaves I) e Tear Apart (Leaves II), di cui la prima, strumentale, rappresenta la prova della qualità musicale dei ragazzi — dove le sonorità elettroniche e talvolta noise che accompagnano gli arpeggi, risultano ricercate e piene di ottime idee.

Con Raise i Brothers in Law hanno confermato e superato le qualità espresse nell’album d’esordio. Puntando su sonorità che lambiscono l’indie rock, il noise pop e l’elettronica: edificando un panorama ancora poco esplorato in Italia. Adesso li aspetta un tour che li porterà in giro per l’Europa e in America, con la partecipazione al SXSW (Austin, TX) e al Dreamgaze Festival (Los Angeles, CA). A noi non rimane che augurare loro buon viaggio.

About Massimiliano Barulli

Studente di Etnomusicologia @ La Sapienza, Roma. Mi interesso di tutto ciò che ruota intorno alla Musica e di tutto ciò che è Musica. Pop, Rock, Blues, Indie, World Music e contaminazioni.