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05/05/2009 | rodriguez lopez productions |
Andando per le spicciole, proviamo a rispondere al seguente quesito: che cavolo vuol dire “Crytpomnesia”? Gente del calibro di Carl Gustav Jung, frontman della rock band L’Ho Letto Su Wikipedia, ha scritto delle cose interessanti a riguardo. E dunque, ancora una volta, che cavolo vuol dire “Cryptomnesia”? “Cryptomnesia” è quando un ricordo balena nella tua mente, ma tu lo scambi per un’idea, per un pensiero fatto ex-novo. Come quando credi di aver detto qualcosa di insolito, che non hai mai detto prima, e invece l’hai già detto, o sentito altre volte, ma lì per lì non te ne accorgi. Come quando pensi di aver scritto una recensione originale, e invece stai solo rimasticando la pappa che ha già scribacchiato un altro. È un dito al culo, insomma, questa “Cryptomnesia”. E non prendetevela per il turpiloquio, perché il disco di cui stiamo parlando ne è pieno, stracolmo. Fra fiche di carta, tubercoloidi, sindrome di tourette e quant’altro, stavolta Cedric Bixler-Zavala si è proprio sbizzarrito. Ma procediamo con ordine.
L’album nasce nel 2006, e appartiene alla prodigiosa, sterminata, spesso e volentieri ignorata, discografia solista di Omar Rodriguez-Lopez, inaugurata nel 2004 con “A Manual Dexterity: Soundtrack Volume One”. Omar registra e mixa le parti strumentali in meno di una settimana, reclutando Zack Hill (batteria) e Jonathan Hischke (sintetizzatore) degli Hella, giusto per dare quel tocco math-rock in più. Il disco rimane a prendere la muffa per un paio d’anni, nel cassetto dell’ex chitarrista degli At the Drive-In, ora leader-maximo dei The Mars Volta. E quando l’odore diventa insostenibile, siamo nell’Estate del 2008, la caciotta può finalmente passare nelle mani di Cedric, che aggiunge le sue liriche a metà fra Frank Zappa e l’homepage di Youporn, animate da vocalizzi straniati e stranianti. Un cazzo di genio, come al solito. E se poi pensi anche che al basso c’è il fido Juan Alderete, ti rendi conto che in pratica stiamo parlando di un album marsvoltiano sotto mentite spoglie.
Il disco è un puro divertissement. Ma non per questo va preso poco sul serio. Undici tracce. Trentasei minuti di onanismo. E ben vengano. Perché qui Omar & Cedric, forse più di ogni altra VOLTA, si concedono qualsiasi lusso. E lo fanno con la sapienza del giocatore esperto che sa come infrangere le regole, per crearne di nuove. Non c’è sovrastruttura. Almeno così sembra. È tutto un flusso. Le canzoni, le chiamiamo così per usare un eufemismo, non sono altro che brandelli, bozzetti slegati, tenuti insieme da micro-inserti elettronici, da spezzoni audio presi chissà dove. C’è il cinema (ricordiamo che gli ATDI desideravano che i fans, ascoltando la loro musica, avessero l’impressione di guardare il Fellini-Satyricon), come nel brano “Warren Oates”, attore feticcio di Sam Peckinpah, pianista da bettola, e pistolero infallibile nel film “Voglio la testa di Garcia”( una storia ambientata in Messico, fra tombe da profanare, teste di morto da consegnare dietro ricompensa, e patriarchi della droga, una roba che davvero manca solo la colonna sonora dei TMV).
“They’re coming to get you, Barbara” cita nel titolo una delle scene più inquietanti de “La Notte dei Morti Viventi” di Romero. Film Capitale sul Capitale. Sullo Zombie come plus-valore assassino. Sull’America razzista e bigotta, fondata sul sangue, sullo sfruttamento dei più deboli. Ma qui non siamo sui banchi di scuola. Qui siamo immersi nelle polluzioni notturne di un musicista baciato dalle Muse, e non dai Muse, che ha scelto di prendersi una vacanza premio, parodiando sé stesso in primis, insieme alla propria insaziabile smania produttiva. Ecco cos’è, in sostanza, El Grupo Nuevo de Omar Rodriguez Lopez.
Se detestate i lavori marsvoltiani, se pensate che solo il primo album sia in qualche modo ascoltabile, qui troverete pane per i vostri dentini immacolati. Tutto quello che potete odiare, nella loro opera, qui è elevato al cubo, con tanto di pernacchia sputazzante. Assoli di batteria continui, che saranno anche math-rock, ma riescono a evocare il jazz di Billy Cobham versione “Spectrum”. Chitarre che inquinano il paesaggio cacofonico. Cedric che fluttua sul marasma con la sua voce stridula, che a tratti sembra fuori (dal)tempo, snocciolando strofe che passano in rassegna Bjork (uno dei suoi grandi amori musicali), Pazuzu de “L’Esorcista”, l’hard-rock, e persino l’hip-hop. Se li avete odiati prima, ascoltando questo capolavoro avrete voglia di fargli una colonscopia a suon di calci.
Qualcuno dirà che “Cryptomnesia” è solo un’accozzaglia di stronzate senza capo né coda. E invece è un meraviglioso disco anarchico, che ha la carica satirica e iconoclasta di un “Trout Mask Replica” di Captain Beefheart, o di un Frank Zappa e del suo “Joe’s Garage”, per fare un esempio che mi è molto a cuore. Anarchico come Warren Oates in “Voglio la testa di Garcia”, che fa amicizia con un capo mozzato, sgomina mezzo mondo, e poi va incontro alla sua fine, quasi stesse correndo in un sogno allucinato. Canzoni consigliate (ahahah)? Il doppio dittico “Puny Humans”/“Shake is for 8th Graders” e “Paper Cunts”/“Elderly Pair Beaten with Hammer”. Quattro brani che potevano anche essere due. O forse uno solo. Dato che ci sono delle sezioni ricorrenti. Ma questo disco, vuoi o non vuoi, è così: fa come cazzo gli pare. Ignorato, snobbato. Ritenuto inutile, nel migliore dei casi. Probabile cult fra qualche decennio. Quando saremo tutti morti.