Ci sono location che riescono a pesare sulla riuscita di un concerto quasi quanto la musica. Ci sono concerti che andresti a vedere in qualsiasi location, anche nella salumeria sotto casa. Quando le due cose si incontrano, la magia è quasi scontata, specie se la location è la chiesa di uno splendido borgo umbro e a suonare è mr. Steve Wynn.
Attitudine e Visual
Steve Wynn si presenta da solo, con la sua electric guitar e l’armonica a bocca: la situazione è chiaramente spoglia di orpelli, se non quelli che escono fuori dal tocco magistrale di Wynn stesso e dalla sua voce. Per terra, ai piedi dell’artista americano, tanti cuscini pronti ad accogliere gli astanti in religiosa contemplazione: rimarranno vuoti per la maggior parte del tempo, avendo preferito il pubblico sistemarsi nella tante sedie poste in fila, come banchi durante la messa. E’ martedì, la piccola San Gemini è silente e non è facile richiamare in un giorno del genere troppi accoliti da fuori, specie perché l’età media della gente che conosce e ama i Dream Syndicate e il suo vate non è di certo bassa, pur con le dovute eccezioni. E la gente adulta, in mezzo alla settimana, lavora e poco spesso si immola come da giovane per la causa del rock’n’roll. Alla fine siamo oltre un centinaio di anime, ottimo risultato visto anche il grande numero di date piazzate in Italia dal nostro – ben 14 – faccenda che di certo non incentiva alle trasferte esterne, e sparpaglia per la penisola i vari fan.
Audio
L’acustica tipica delle chiese dona alla musica di Wynn un tocco di spiritualità che in solo non guasta per niente: lui stesso sottolinea questa particolarità ripetendo di voler eseguire delle “gospel songs” – anche quando in realtà parte un pezzo tiratissimo come “Amphetamine”. L’atmosfera raccolta non gli impedisce certo di tirar fuori dal cilindro i grandi classici del repertorio del sindacato del sogno come “Tell me when it’s over”, “Medicine Show” o “That’s what you always say” i cui accordi infiammati rendono altrettanto bene in queste condizioni.
Setlist
Una ventina di pezzi pescati quasi in egual misura dal repertorio dei Dream Syndicate e da quello del resto del percorso musicale di Wynn, con alcune perle assolute come “John Coltrane Stereo Blues” eseguita dietro espressa richiesta del pubblico, e la cover di “Coney Island Baby” che ci fa percorrere la pelle da più di un brivido. Non è un mistero che tutto il movimento Paisley Underground debba molto al Lou Reed e all’avanguardia sixties che furono i suoi Velvet Underground, ma per un po’ Steve Wynn aveva smesso di tributargli omaggio in sede live. Dopo la scomparsa di Lou Reed, inevitabile per lui riprendere questa vecchia abitudine, e noi rimaniamo incantati dalla sua interpretazione sincera e estremamente sentita. Chapeau.
Momento migliore
La soddisfazione del leader dei Dream Syndicate per l’accoglienza che gli riserviamo, l’attenzione, la magia che si crea anche grazie alla location è visibile per tutta la serata, ma è sicuramente sul finale che il concerto diventa corposo e sembra decollare: in apertura, anzi, ci sembra di avvertire persino un filo di emozione nel dovere rompere il ghiaccio in un posto del genere, e l’esecuzione, di “Never Ending Rain” risulta ingessata. Mano a mano che lo show prosegue, anche grazie alle canzoni più conosciute dei Dream Syndicate, prende confidenza con la platea e dà il meglio di sé, fino ad arrivare al culmine sul finale, con una sequenza di quattro pezzi meravigliosi. Otre ai due già citati “John Coltrane Stereo Blues” e la cover di Lou Reed, le più intime “Benedikt’s Blues” e soprattutto la chiusura con “There will come a day” ci spezzano quasi il cuore.
Pubblico
In religioso silenzio, attento, concentrato e appassionato: il pubblico che chiunque ami la musica sogna di trovarsi accanto. Non mancano dei veri e propri adepti di Steve Wynn e dei suoi Syndicate, che a fine concerto gli si avvicinano per fargli autografare una decina (o forse anche più) di LP.
Locura
Fino a quasi la fine del concerto, chi vi scrive è stata una delle poche sedute sui cuscini posti di fronte all’artista americano. Per la canzone finale, Steve invita tutti ad imitarmi: vuole stare in mezzo a noi, e anche in questo si sente tutta la grande passione che ancora adesso, anche in una situazione così piccola come la nostra, mette nella musica. Mentre lo guardiamo dal basso verso l’alto – come mi pare in fondo giusto che sia – lui ci canta quasi commosso “There will come a day/There will come a day/When all of the evil will be washed away/The patient will be rewarded/And their tormentors will pay/There will come a day, lord/There will come a day”. La gospel song perfetta per chiudere questo show: e ti viene quasi solo da dirgli grazie.
Conclusione
Steve Wynn è un uomo, prima ancora che un musicista, meraviglioso: disponibile, gentile, appassionato del suo lavoro, sorretto da un infinito amore per la musica, anche dopo quasi quarant’anni di carriera. Ed è per questo che i suoi concerti sono eventi unici, in cui riesce a crearsi una “corrispondenza di amorosi sensi” fra lui e il suo pubblico. A San Gemini non è stato da meno, e mentre ce ne andiamo attraversando la bella piazza vuota, animata solo dal silenzio e dal rumore dei nostri passi, ci sentiamo meno stranieri nel mondo. Un ringraziamento doveroso a chi – i ragazzi di Degustazioni Musicali – eventi come questi riesce a metterli in piedi, con lo stesso amore per la musica che è quello che ci insegna Steve Wynn.