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06/05/2016 | Mute Records | luh |
Ellery James Roberts sembrava essersi perso dopo l’esperienza con i WU LYF. Ha scritto una lettera aperta di addio ai suoi compagni di band ringraziandoli e chiudendo definitivamente la faccenda: “WU LYF is dead to me”. Così per un po’ non si è sentito più nulla, fino alla rinascita, insieme alla visual artist Ebony Hoorn, con un nuovo nome: LUH, acronimo di Lost Under Heaven.
Spiritual Songs for Lovers to Sing crea da subito alte aspettative, visto il nome del produttore: Haxan Cloak – già collaboratore di artisti del calibro di Björk e Health. Aspettative ben riposte e ben ripagate.
L’album raccoglie idee da posti lontani, dal Blues all’Elettronica, dal Rock al Synth Pop, dagli M83 ai The Naked and Famous. Ci sono chitarre lente, come in “Future Blues” e “Someday Come“, delay ipnotizzanti (“Here Our Moment Ends”) e riff martellanti in “I&I“, “Unites” e “Beneath The Concrete“.
L’atmosfera da Club, da musica Dance, si fa largo in “$ORO“, dove emergono interessanti giochi di voce, aiutati da una base che spinge forte e ritmiche forsennate. “First Eye to the New Sky” si ricollega su questo filone: stesse dinamiche vocali, ma sonorità più lente e melodiche. Non mancano momenti più Rock, come accade in “Lost Under Heaven“, dove la voce si perde all’interno di una base carica di effetti e synth, dalla quale gli unici strumenti a spiccare sono chitarra e archi.
Le voci dei due artisti si compensano molto bene, e “Loyalty” ne è un esempio: vero dialogo tra melodie malinconiche e dinamiche ondivaghe, legate al rullante della batteria ed al gioco degli archi. Chiude a sorpresa l’album un brano acustico: “The Great Longing“. Chitarra acustica, due voci, pianoforte e archi. Un brano diverso da tutti gli altri, che completa un lavoro nel quale si sono avvicendati diversi stili, generi e tematiche.
Le immagini che si creano ascoltando Spiritual Songs for Lovers to Song sono notturne, psichedeliche e profonde. La sua riuscita non è per noi una sorpresa: le doti di Ellery James Roberts erano chiare dai tempi dei WU LYF, ma adesso è evidente come il cantante senta più suo questo progetto. Brani elaborati, profondi, carichi di synth malinconici e chitarre melodiche. La forza dell’album è dunque nella varietà. Brani lenti si alternano a batterie incalzanti, chitarre acustiche si intervallano con delay brillanti. Un album che non stanca mai ed invita l’ascoltatore al bis, nell’attesa di poter assistere ad una loro performance dal vivo, che sicuramente non deluderà.