Mark Kozelek – Mark Kozelek Sings Favorites

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Mark Kozelek torna ad essere foglia tra le foglie, come recitava il titolo di uno dei suoi recenti classici. Il cantautore dell’Ohio ha un senso di appartenenza sì geografico, sì famigliare, ma anche e soprattutto musicale. Lui si inserisce in ciò cui sente di appartenere portando corde di nylon o tasti d’avorio, e sempre quella voce che dal 1989 decanta la stessa intensità autodistruttiva.

L’omaggio al concetto di classico universale e personale ricorre nella carriera di Kozelek sin dai tempi dei Red House Painters: si ascolti ad esempio Silly Love Songs di un McCartney per l’occasione meravigliosamente straziato. Chi segue, anche minimamente, Kozelek dal vivo sa quanti omaggi renda alla musica della sua vita. Ad esempio quando morì il figlio di Nick Cave, in scaletta presenziava con una certa costanza la brillante The Weeping Song. Oppure nell’album The Kids (Live in London) ricordiamo la presenza, in chiusura del live, di The Kids, per l’appunto, di Lou Reed. In realtà l’attività rivisitatrice di Kozelek non finisce qui. Nel 2008, sempre per la Carlo Verde Records, esce The Finally LP una raccolta di brani riarrangiati con discreto successo: da New Partner dell’amico e collega Will Oldham, a Lazy dallo storico disco I Could Live in Hope dei Low, oppure a Indian Summer di Jim Morrison. A breve lo vedremo impegnato, invece, con una cover di Elliott Smith per l’album tributo Say Yes! A Tribute to Elliott Smith, mentre in passato l’abbiamo visto curare Take Me Home: A Tribute To John Denver.

Kozelek, oggi, dopo il nevoso Sings Christmas Carols del 2014, torna a cantare storie che gli appartengono ma che hanno vissuto sempre di un’altra voce, almeno ufficialmente su disco – esclusa Send in the Clowns già in The Finally LP, ma con un arrangiamento decisamente differente rispetto a quello odierno. Mark Kozelek Sings Favorites suona differente. Prima di tutto vede arrangiamenti sempre scarni ma niente arpeggi di veloce fingerpicking, rimangono solo voce e piano (Chris Connolly – ovvero Desertshore – a prestare le dita). Fondamentalmente questo è un progetto che non risuona di eco di profonda personalità artistica. Potete ascoltarlo, trovarlo delicato, dolce, affettuoso, popolare, ma non lo apprezzerete tale in quanto disco. È un discorso che forse avevamo già fatto in precedenza parlando di altri album di Kozelek: è il lato dell’uomo a prevalere. Con questo disco conoscerete ancora più a fondo Mark Kozelek – e ci si chiede con ironica preoccupazione quanto tempo ci vorrà ancora.

Le collaborazioni sono sempre importanti e scelte con cura: Mike Patton e Will Oldham su Another Day di Roy Harper e Get Along Home Cindy; Rachel Gloswell (Slowdive) in I’m not in Love e Mimi Parker (Low) in Amanda. I brani scelti vanno da un tempo universalmente trascorso (Somewhere Over the Rainbow), passando per Mainstreet di Bob Seger e la già citata Send in the Clowns, fino ad arrivare a Modest Mouse e la sua Float On. Gli omaggi a Bowie, con Win, e a Stephen Sondheim parlano vasti e sentiti e rappresentano probabilmente i momenti più alti di un disco che risuona in sottofondo da fin troppo tempo.