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4 marzo 2016 | Vinyl Lovers | johnleehooker.com |
Sembra un disco, parola che non uso a caso, di altri tempi. John Lee Hooker sempre uguale a se stesso, anche postumo. Un disco che dura appena trenta minuti ma che lascia ancora senza fiato per freschezza e l’immediatezza, lasciando emergere il lato più suadente della poetica Blues.
Tutto farcito da pezzi come “Onions“, “San Francisco” e “Good Rockin’ mama” che suonano quasi Soul. Un disco che sarebbe potuto nascere dall’estetica di un Muddy Waters a metà anni sessanta. Forte ispirazione Blues ma con lo sguardo rivolto altrove. In fondo, è proprio questo il vero messaggio della musica del diavolo, quello insito nella capacità attrattiva pur rimanendo fedeli a se stessi. E invece John Lee Hooker, con il suo stile profondamente radicato nel passato è stato forse il più grande ambasciatore della musica afro americana. Uno di quegli artisti a cui il Rock deve quasi tutto. Fonte di ispirazione per tutta quella ondata che montò negli anni sessanta e che ad ogni decennio sembra rinvigorirsi senza mai cedere il passo. Anche se Hooker non c’è più, la necessità di riascoltarlo sta lì a dimostrare come le radici siano molto ma molto solide; proprio come la pianta che è nata da esse, proprio come questo disco. Antico e moderno nello stesso istante. Come il Blues.