Giardini Di Mirò @Covo, Bologna – 21 Ottobre 2016

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Attitudine e visual

Folgoranti e impeccabili: I Giardini di Mirò sul palco del Covo hanno tenuto una vera lezione di stile. Gli anni non sembrano passati ma ne sono trascorsi ben 15 dall’uscita di “The rise and fall of academic drifting”, il loro primo disco, quando i sei musicisti di Reggio Emilia spuntavano dal nulla inaugurando all’interno della scena cosiddetta post-rock quel filone che potremmo definire “trama sonora”. Ma le etichette hanno un’utilità limitata: almeno una volta nella vita tutti dovrebbero vedere un concerto dei Giardini di Mirò per capire cosa sono capaci di fare.

Audio
In formazione originale, belli e senza un filo di polvere, ben schierati e completamente in sintonia con l’universo, la band ha trasformato, come in un’alchimia, i suoni di chitarra, tastiere, fiati, violino, batteria e voce in un’onda perfetta che ha trasportato tutti dal primo all’ultimo pezzo del loro primo disco appena ristampato da 42 records.

Pubblico
Ristampare il disco di debutto e suonarlo in un tour è sicuramente una dedica ai fans più stretti, e nello stesso tempo una sincera dedica a se stessi, perché “The rise and fall of academic drifting”, 15.000 copie vendute, è a tutti gli effetti un disco di culto. Per questo motivo il pubblico al Covo sta in realtà presenziando a un rito dove tutti si sentono estremamente bene, come quando ci si scambia un regalo.

Locura
I riti richiedono silenzio e poche chiacchiere, richiedono anche la severità dei fans che intimano il silenzio: un rimprovero che vola tra il pubblico, severo ma giusto.

Momento migliore
Quel finale che da “Little Vitories” ci ha trasportato senza interruzioni fino alla canzone omonima che dà il titolo e chiude quel primo disco. Non solo: la generosità di un concerto durato molto più del previsto, perché a nessuno erano bastati i 53 minuti di “The rise and fall of academic drifting”, e quando a un concerto perdi il senso del tempo torni a casa più felice.

Conclusioni
Se a distanza di anni un disco suona ancora così, e suona meglio dal vivo che su disco, ha senso andare ai concerti di chi un pezzo di storia l’ha scritta, e anche bene.