LCD Soundsystem – American Dream

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“Like a rat in a cage

Pulling minimum wage

New York I love you

But you’re bringing me down”

 

Era stato un lungo saluto quello del 2011 (The Long Goodbye, appunto), con i tristi annunci, le nostre lacrime e la lunga  maratona di commiato al Madison Square Garden. Ugualmente, il comeback degli LCD Soundsystem è stato lungo e con andatura a tappe. Prima il risveglio, il giorno di Natale del 2015 (con il singolo “Christmas Will Break Your Heart”), poi i lieti annunci, gli show impeccabili, i primi estratti di American Dream e ora finalmente ci siamo. A voler essere stronzi potremmo ridimensionare questo balletto osservando che tra gli ultimi echi del saluto e i primi segnali del ritorno c’è stato quasi il tempo fisiologico che molte band lasciano intercorrere tra un disco e l’altro. Ma non è esattamente così. James Murphy, quella sera a Manhattan, ha effettivamente chiuso una cosa e oggi ne riapre un’altra, sensibilmente diversa. E per certi versi anche migliore.

Nel 2010, anno di pubblicazione di This Is Happening, c’era Obama al primo mandato, quasi nessuno aveva WhatsApp e Golden State era una squadra NBA di basso profilo. E poi altre cose che non elenchiamo per non farvi sentire vecchi. Volendo, quelli erano ancora i giorni della DFA, ma qualcosa stava cambiando. L’etichetta fondata da Murphy e Goldsworthy aveva impresso il suo logo del “fulmine disegnato male” su tutto il discorso chiamato funk punk di circa un decennio. Ecco, quel nome insieme a quell’idea, stava perdendo la sua fiamma di partenza e andava rigenerato.

American Dream, ricco e consapevole, si è visibilmente liberato da quel marchio. Perché in effetti ci si può “liberare” anche da qualcosa di bellissimo. Il quarto disco degli LCD Soundsystem è epico, melodico, ridondante, eppure probabilmente più diretto dei lavori precedenti. E, tranquillizziamo tutti, non rinuncia alla cowbell. Ad essere precisi, qui più che del marchio ci si è liberati di un sistema di riferimenti che ha caratterizzato quella scena di Brooklyn, con The Rapture e Chk Chk Chk al vertice. L’euforica festa della disco che urtava gli spigoli delle chitarre doveva essere riempita di nuovi contenuti. Già Sound Of Silver possedeva in nuce l’avvio di questo indirizzo un po’ meno “spaccone”. E anche per questo motivo American Dream non contraddice neanche per un secondo la storia di Murphy, dell’etichetta, dei protagonisti e del fermento di allora.

“In the morning everything’s clearer

When the sunlight exposes your age”

 

Nel nuovo album, forse solo in “Other Voices” sentiamo il Murphy agitatore, quello degli spoken à la “Losing My Edge”. Oggi prevale il “cantante”.  Basti prendere il falsetto che accompagna il bellissimo finale di “I Used To”. Parlavamo di scena, di giro della DFA. Ecco, la “scena” di un disco come American Dream potrebbe esser quella che tiene insieme David Byrne, gli Arcade Fire (di Reflektor, magari), David Bowie e chissà cos’altro. Viene da parlare di new wave ma con la tensione emotiva al posto della nostalgia. E’ qualcosa che sta fuori da un tempo cronometrabile o da un luogo circoscritto.

Anche se poi in questo disco c’è la gente di sempre. Ma la loro presenza (ben documentata nel video di “Tonite”) rappresenta una continuità rassicurante e mai vincolante. Ci sono Tyler Pope, Nancy Whang, Gavin Russom. Sono anche loro musicisti fuori dal tempo e ciascuno con più di un’anima.  Anche se questo è soprattutto il disco del leader, gli LCD Soundsystem non erano forse mai stati una band quanto lo sono oggi. Russom in particolare costituisce una piccola ed esemplificativa storia nella storia di questo disco. Oggi è una transgender e sembra più a suo agio e coerente nella sua vita e nella vita di questo progetto rigenerato.

Una band che si ripresenta sulle scene dopo anni può decidere di ripartire in modo rétro dal punto in cui si era fermata, può fare un repentino update verso la  modernità, oppure imboccare una terza strada. La terza è di chi cattura l’essenza della propria materia e si dirige verso un altrove che, se Dio vuole, nella musica esiste ogni volta che serve. James Murphy adotta una scelta di continuità attingendo dal midollo del proprio suono e lasciando che il suo sentire di oggi faccia il resto. In American Dream la componente ritmica ha ancora la rilevanza di sempre ma il connubio tra questa e le costruzioni melodiche è spesso la priorità.

Più che l’ argento qui è il suono del cristallo a dominare. La traccia che dà il titolo è fatta anche del ghiaccio trasparente delle tastiere. E il tratto epico è vigorosamente presente in modo inedito anche nelle canzoni dalle pose più punk. Si è poi detto molto del rapporto di Murphy con Bowie e tutti ne abbiamo cercato tracce tra le parole di queste canzoni. Forse più delle parole vale l’oscurità rassicurante di quel pachiderma sbilenco ma aggraziato che è “Change Yr Mind“. Dentro ha molta della sensualità frastagliata di Scary Monsters, di “Fashion” e della chitarra di Robert Fripp. Tutto il disco è intriso di una malinconia costruttiva e solenne. James Murphy non ha fatto sparire l’iconica mirrorball della sua prima copertina. L’ha solo spostata da parte in modo da guardare meglio il suo pubblico negli occhi. E farsi guardare altrettanto bene.

Data:
Album:
LCD Soundsystem - American Dream
Voto:
51star1star1star1star1star