The Clash – Death or Glory – Pat Gilbert

Questa estate ho letto parecchio. Oserei dire fin troppo. Ma era da molto che leggevo, diciamo così a singhiozzo. Tra i libri che ho letto, segnalo “Death Or Glory” the Clash, di Pat Gilbert, edito dalla Arcana. Gilbert è un redattore di MoJo, storica rivista inglese di musica. Il libro è un lungo racconto, fatto di interviste, flash back, indiscrezioni sulla vita privata dei quattro cavalieri del rock; e di tutto il mondo che per un decennio li ha accompagnati, e il mito che ancora li circonda. E’ la biografia del gruppo punk più importante degli ultimi 25 anni. Se non ci fossero stati loro, molti di noi forse non avrebbero mai avuto il coraggio di prendere in mano una chitarra, di vestirsi come loro e salire su un palco. C’è un mio amico, il chitarrista dei Marmaja, che mi conosce da più di vent’anni, che ogni volta che mi incontra mi saluta con un “ciao Joe”. Questo saluto mi riempie d’orgoglio. Per lui, fin dal primo giorno che ci siamo incontrati sul portone di un ITIS avvolto dalla nebbia nel veneto allora scudocrociato, quello è stato il suo saluto. Per il fatto che ero vestito come Joe Strummer nella copertina del primo disco. Poi col passare del tempo è venuta la cresta alla mohicana, il “chiodo” di pelle nera, i doc marteens, poi gli stivali Hudson da motociclista con i fibbioni, e i pantaloni stretti con le cerniere, e le stencil sulle magliette fatte in casa, i viaggi a Londra, ma sopratutto il rock’n’roll. Questa biografia l’ho bevuta quasi tutta di un fiato. Mentre la leggevo, la mente andava a ritroso nel tempo, a scavare nella memoria, togliere la polvere dagli scaffali dell’anima; mi ha fatto pensare al tempo andato, a tutto ciò che intorno succedeva. Mi sono commosso a volte rileggendo le gesta di questi quattro ragazzotti londinesi, e in sottofondo sempre la loro musica, il loro rock grezzo, il loro funky atipico, il loro rappare biascicato su uno dei primi vagiti funky “this is radio clash”, il loro dub, il loro reggae bianco. Sono dischi che hanno più di ventanni, ma sembrano scritti l’altro giorno. La cosa triste è che alcune pagine, parlano del mondo come era allora, del momento di stasi che attraversava la società, del buio del terrorismo in Europa, tutte cose che in qualche modo stanno succedendo anche ora, hanno altri nomi, altri ideali, altri leader, ma ancora il mondo avrebbe bisogno di una scossa. La stessa che animava la gamba di Joe quando, elettrico partiva con la sua “White Riot” o “I’m so bored with USA”. Chi ha voglia di capire da dove arrivano i vari Franz Ferdinand, Editors, Arctic monkey, e via così, compri o si faccia prestare questo libro, si registri o scarichi o comunque trovi dei dischi dei Clash, li metta sul lettore o sul piatto, perchè il fruscio qui è d’obbligo e li mandi al volume che vuole e legga. Io porto ancora i doc marteens e gli stivali, i capelli ormai sono ingrigiti dalla neve del tempo, ma sono sempre li. E ringrazio Joe, Mick, Paul e Nick, per l’energia che mi hanno trasmesso attraverso le loro parole e la loro musica, se sono qui e sono vivo è anche grazie a loro. Mentre scrivo in sottofondo, sta andando una vecchia cassetta (si una vecchia C90 gracchiante), è un bootleg del ’79 dal vivo a Londra, registrato da un amico, una reliquia più che una cassetta, ma stasera ci voleva. Molti, davvero molti anni fà facevo una cover proprio del pezzo che da il titolo al libro “Death or Glory”. Il mio ritornello faceva così: “Vivi o muori, no non restarne fuori” trovate l’originale…traccia n° 12 di London Calling… quando arriva il ritornello cantate a squarciagola… Stay Free.