Intervista a Stefano “Edda” Rampoldi : Un anno sempre nudo

Sono le 19. l’ora in cui ho l’appuntamento per intervistare Stefano Rampoldi, in arte Edda. Non nascondo che un pò mi trovo in difficoltà, visto l’immenso bagaglio empirico che si porta dietro.
Le domande che mi sono preparato d’improvviso mi sembrano inappropriate, banali, cerco di non pensarci. Ecco che Stefano inizia a parlare, avverto subito che non è chiaro chi dei due è più teso, i soliti saluti, il solito rito, ma ancora non mi è chiaro cosa è meglio fare, se partire a raffica come un interrogatorio, o accomodarmi e cercar di capire se davvero Edda è quel che traspira dal suo ultimo lavoro, “Semper biot”. Decido comunque di sputar fuori la prima domanda:

Rocklab : siamo ad un anno esatto dalla pubblicazione di “Semper biot”, cosa ti ha dato questo lavoro?
com’è stato quest’anno sempre nudo?

È stato un ritornare, è stato un prender coscienza di come la gente in realtà mi vede, che è assolutamente discosto da come, alla fine, mi vedo io. Ho avuto un ritorno di belle cose sicuramente inaspettate. Ho creduto fortemente in questo lavoro sentendo le impressioni di persone che oggi hanno 30 anni e quindi ne avevano circa 12 quando ho iniziato a suonare, penso di aver fatto breccia nelle loro menti all’ora, ed ora sia una conseguenza naturale.
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R : E’ stata quindi una scoperta bellissima…

Sicuramente, ma è anche un pò strano, perché io davvero avevo chiuso i ponti con la musica, in maniera definitiva, e più di una volta mi sono detto “chi me lo fa fare?” invece oggi sono qui, completamente immerso nel mio mondo di musica, ma penso anche che, se tutto questo fosse successo 15 anni fa, non avrei nemmeno smesso di suonare avrei investito tutto quanto sulla musica.
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Più passano i minuti e più mi rendo conto che l’intervista si trasforma in una lunga passeggiata di ricordi per Stefano, è meno teso, lo sono anche io, tra una domanda e l’altra mi ricorda che ha appena acquistato una nuova chitarra, non vuole per nessun motivo allontanarsi più da questo mondo che ritorna a piacergli un sacco.

R : Allontanarti dalla musica è stata una “non scelta” insomma…

È stata soprattutto una mia decisione, quella di lasciare tutto quanto, non sentivo più di aver un valore effettivo in ciò che stavo facendo, io ho sempre avuto una visione di me stesso un pò fatalista, a 30 anni mi vedevo come un vecchio ormai finito, ed è quello che penso oggi a distanza di 16 anni.
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R : E’ stato importante allontanarti alla fine per avere ed essere ciò che sei oggi?

Si ovviamente, io credo che le cose all’epoca non potevano che andare così, era la cosa più naturale ed istintiva per me, pensavo che mollare tutto significasse salvezza, e da lì in poi, una serie di errori conseguenziali alla mia stessa scelta. È come trovarsi su un grattacielo e invece di goderti il panorama ti butti giù. È lo stesso.
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R : Sei come rinato insomma? sicuramente a livello artistico si è sentito…

Sì sono un’altra persona, mi sono riavvicinato a ciò che ho sempre avuto dentro a quello che facevo prima di buttarmi giù dal grattacielo. Sin dai tempi dei ritmo tribale, quando portavo i pezzi al gruppo erano comunque chitarra e voce, la struttura del pezzo, che poi veniva assemblata dall’insieme di tutti noi, anche se oggi trovo più piacere nel fare quello che faccio, comporre musiche e scrivere i pezzi, anche perché con i ritmo mi sentivo travolto dallo spessore della personalità del gruppo stesso. Adesso è tutto più facile.
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R :  Hai più volte detto che per 13 anni non hai ascoltato musica, la domanda è: prima, quali erano le tue influenze?

Sicuramente non mi ritenevo un “metallaro” anche se poi con i ritmo tribale mi sono ritrovato spesso con sonorità vicine al metal se vogliamo, piuttosto ero vicino al punk da giovane anche se quando ho iniziato a 10 anni ad avvicinarmi alla musica e quindi alla chitarra, ero più orientato verso i cantautori, mi piaceva molto Bennato, Finardi e Camerini.
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R : Del mondo musicale di oggi cos’è che non ti piace?

Sembrerà di essere un vecchio nostalgico, ma ascoltando sonorità tipiche degli anni settanta mi dico sempre “caspita che robe” anche se nella musica ci sono periodi colorati e periodi grigi, è un’altalena.
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R : Quindi è un periodo positivo per la musica oggi?

Più che altro io guardo indietro e ascolto ciò che non ho ascoltato, che ho tralasciato, e le trovo molto interessanti, mi rifaccio molto a quei suoni.
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R : In pratica ti stai ricreando “il futuro musicale”, personalissimo?

si personalissimo riscoprendo tutto ciò che mi sono perso, partendo soprattutto dagli anni ’70.
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R :  Ci si domanda come tu possa far convivere l’arte e il mestiere del pontista.

Non nascondo le difficoltà, però è necessario, è un altra realtà, è importante che la mente continui a lavorare anche su altri fronti, impiegando il corpo, è uno scontrarsi fisico di due realtà distinte, anche se obiettivamente ti taglia via una parte importante che potresti dedicar interamente all’arte. A far gli schiavi siamo tutti capaci, ma creare qualcosa di bello, non è per tutti non è da tutti.
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A questo punto Stefano è completamente a suo agio, io stranamente più di lui, mi parla per un momento del suo lavoro, dei ponteggi, dei colleghi che considerano la sua persona fin troppo al di là degli schemi, di una massa che ormai se non è tutto omologata secondo gli standard della società in cui viviamo oggi ti estranea, insomma sono nel bel mezzo di un viaggio chiamato “EDDA”.

R : Perché non ti vedi artista Edda?

Non pecco di falsa modestia quando dico che ancora oggi m’imbarazzano i complimenti, è difficile da spiegare, è come se in realtà non riconoscessi in me un minimo di valore. E’ una mia caratteristica. Anche se ripeto, credo in ciò che faccio e non intendo fermarmi per ora, a Settembre, l’11, è in uscita un EP, “In orbita”, è una live session registrata a radio Capodistria, ma sto lavorando a pezzi inediti che penso formeranno il mio prossimo album.
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R : Girano nel web alcuni brani inediti,  andranno nel nuovo lavoro?

Sì sono pezzi ai quali sto lavorando con Walter Somà, come “odio i vivi” che mi piace tantissimo o “Severo”. Vogliamo concentrarci sui brani inediti di  questo fatidico nuovo album. Il poter condividere musica, che sia tramite album o solo in rete, credo sia un dovere specialmente nei miei confronti.
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R : Come ti vedi tra 10 anni ?

Potrei dirti come mi vedevo dieci anni fa. Io mi vedevo finito, ero nel pieno della mia autodistruzione e vivevo le giornate in attesa dell’inevitabile, ed ero distante anni luce da quello che era, ed è, il mio mondo, ovvero la musica. Insomma non avrei mai pensato che a distanza di dieci anni mi sarei trovato qui a parlare di un mio album e di progetti, con questo dico che bisogna saper resistere. Le cose prima o poi si ottengono.
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Il mio viaggio è terminato, è arrivato il momento dei saluti e dei ringraziamenti, è  un peccato vista l’atmosfera che si è creata, ma è giusto lasciare il nostro Edda da solo,  nel suo mondo prefrito, quello fatto esclusivamente di musica,  immancabilmente ” semper biot”.
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