Gang of Four – Content

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25 gennaio 2011 Yep Roc Records gangoffour.co.uk

I Party All The Time

In epoca di revival postmoderno di generi, una volta settari come la new wave e il post punk, le reunion di storiche formazioni del passato fioccano con regolarità sistematica. È toccato di recente ai Wire con un disco, Red Barked Tree, che pur nel suo manierismo si è rivelato un dignitoso ammodernamento di vecchie e ormai abusate grammatiche musicali.

Non sorprende che anche i Gang Of Four, dopo un silenzio discografico che si protraeva dai primi anni ’90, si siano riaffacciati sulle scene per reclamare la loro supremazia genetica sugli innumerevoli epigoni avvicendatisi nel corso degli anni. L’importanza del gruppo fondato dal cantante Jon King e dal chitarrista Andy Gill sta nell’essersi reso protagonista, in quel periodo di irripetibile fermento artistico-sociale che fu la fine degli anni ’70, della rifondazione del funk nero secondo la sensibilità e le aspirazioni frustrate dei giovani intellettuali bianchi. Le loro sonorità storiche – imperniate su ritmi sghembi avvitati in circolarità ossessive, clangori industriali trafitti da micidiali sincopi del basso e sferragliate noise, il tutto filtrato attraverso lo spirito anemico e sarcastico del punk – echeggiano ora più che mai in decine e decine di dischi, sopratutto quelli ascrivibili al cosiddetto “dance-punk” (Franz Ferdinand, Rapture), sebbene non abbiano mai eguagliato le lacerazioni nevrotiche e l’anarchismo incendiario di Pop Group, nè l’espressionismo teatrale e decadente dei Pere Ubu.

Inutile girarci intorno: Content trova il suo più grande limite nell’essere assimilabile in tutto e per tutto ai dischi derivativi (e spesso anonimi) di cui sopra. Intendiamoci, si può tranquillamente sorvolare sul fatto che i Gang Of Four abbiano accantonato ogni velleità sperimentale e destabilizzante, spogliandosi di tutti gli elementi eversivi del loro sound. D’altronde era impossibile replicare, o solo avvicinarsi all’attitudine punk – caustica e provocatoria, sebbene animata da uno slancio politico idealista – del loro capolavoro Entertainment! ; sono passati 30 anni dal 1979, in fin dei conti, e intuizioni che all’epoca erano indiscutibilmente rivoluzionarie e pionieristiche sono state ormai metabolizzate e rielaborate in tutte le salse da band di successo votate alla più sfacciata mondanità edonistica. Ciò che è imperdonabile è il fatto che, disinnescato il potenziale nichilista, ciò che rimane è un pugno di canzoni bolse ed evanescenti. A nulla vale l’innegabile mestiere della band o la produzione ipercompressa e laccatissima: il cantato non avvince, la sezione ritmica si trascina stancamente senza particolari guizzi di creatività, e laddove si verificano timidi tentativi di sperimentare soluzioni nuove il risultato è addirittura imbarazzante (“It Was Never Going To Turn Out Too Good”: andamento marziale e duetto tra Jon King e un vocoder androide “a cappella”, in tutte le accezioni possibili del termine). La cartuccia migliore viene sparata all’inizio con “She Said You Made A Thing Of Me”: ricca di reminescenze New Wave (ritmo singhiozzante, chitarre grattugiate, epiche impennate vocali) e propulsa da sferzate ritmiche nervose ed incisive. Gradevole anche “I Party all the time”, col suo retrogusto Roxy Music che, se non altro, garantisce un buon groove. Da segnalare anche la curiosa ballata funk “A Fruitfly in the Beehive”, molto suggestiva nello scodellare pulsazioni di basso incessanti e riverberi amniotici.

Il resto, purtroppo, è tutto un reiterarsi di clichè stantii, riff poco ispirati e vocalizzi monocordi che, tra un ritornello ruffiano e l’altro, non risparmiano falsetti tanto ammiccanti quanto stucchevoli. Content non è un lavoro così osceno, in realtà, ma rispecchia inquietantemente la sua (orribile) copertina: un blocco monolitico; p(l)atinato, asettico, povero di personalità, a cui un po’ di ruggine punk avrebbe solo giovato.

Triste ammetterlo, ma i Gang of Four hanno completato la loro transizione da Entertainment! a una proposta che è mero, sterile, intrattenimento.