Kaiser Chiefs – The Future Is Medieval

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12 Luglio 2011 Polydor KaiserChiefs.com

Fly On The Wall

In un’epoca in cui un royal wedding è stato meno royal della sagra della ficattola a Montespertoli…in un’epoca in cui persino gli Oasis hanno appeso i loro parka impolverati al chiodo…
A farci venire in mente viottoli di mattoni rossi e odore di birra e carbone ci pensano loro: i Kaiser Chiefs, baluardo della britannicità.

In questo disco, come non mai, ogni decennio di pop-rock made in UK è condensato ad arte, il che può piacere o meno; in ogni caso, non si può negare il divertimento (e talvolta il conforto) che si prova rintracciando marche stilistiche appartenenti al post-punk più leggero, al confine con un synth-pop che, in un minor numero di occasioni rispetto agli album precedenti, sfocia nel beneamato ritmo strafottente da hooligan operaio assiduo frequentatore del pub dietro casa.

E questa è l’altra carta vincente della band di Leeds: la palese vicinanza ai temi del Popolo. Lavoro, amore, continui richiami a cori da stadio (ricordiamoci che molti li conoscono grazie al gioco Pro Evolution Soccer) li fanno apparire solidi e veri, in un’epoca in cui anche gruppi dello stesso peso, ad esempio gli Arctic Monkeys, si danno alla psichedelia. E vicini al Popolo, in questo disco, lo sono stati particolarmente anche considerando la modalità di uscita dell’opera: dal 3 giugno, collegandosi al loro sito ufficiale, si aveva la possibilità di confenzionarsi una propria versione dell’album, non acquistabile altrove, al prezzo di circa 7 sterline; e non solo: la propria creazione poteva essere rivenduta al simbolico prezzo di una sterlina! I tentativi di dare una scossa all’industria discografica, in questi ultimi anni, sono stati parecchi; ma questo è forse il primo dotato di una materialità tutta vittoriana, per l’appunto, inglese.

Tornando al contenuto, i 13 pezzi alla fine scelti per la versione ufficiale non diranno nulla di nuovo, ma almeno lo dicono bene: ognuno potrebbe essere un singolo potenzialmente di successo, ipotesi già confermata per Little shocks, che a tratti ricorda in modo inquietante un polpettone ipermelodico alla Robbie Williams, ma che nel complesso fa proprio venire voglia di godersela dal vivo. E come resistere alla danzereccia Kinda girl you are, o alla morbida If you will have me? Se l’anglofilia si è infiltrata in qualche livello della vostra esistenza, è impossibile.
È la continua lotta culturale tra innovazione e conservazione: sarà anche vero che la nostalgia è nemica dell’immaginazione, ma l’arte della ri-mediazione non ti lascia mai scoperto sotto la pioggia della crisi.