Pepe Deluxé – Queen of The Wave

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Per capire con quanto amore i Pepe Deluxé hanno confezionato la loro ultima creatura discografica, basta dare un’occhiata al video promozionale reso disponibile su youtube, un fake trailer magistralmente girato e montato in puro stile grindhouse (operazione non molto dissimile da quanto compiuto da Tarantino e Rodriguez per il film omonimo). In un tripudio di enfatiche (e anacronistiche) presentazioni testuali, finti scratch della pellicola, colori sgargianti e desaturati, fumettosi macchinari avveniristici e improbabili scene tra il peplum e lo sci-fi estrapolate da vecchi film con Gordon Mitchell (il tutto, naturalmente, accompagnato dalle sonorità dei nostri), si assiste all’esaltazione e glorificazione di tutti gli aspetti salienti della cosidetta “cultura camp”. Basterebbe questo per chiudere qui la recensione, se non fosse che Queen of the Wave, lungi dall’esaurirsi nell’ennesima parodia postmoderna, si rivela da subito un lavoro ambizioso e innovativo che respira sorprendentemente di vita propria.

“Esoteric pop opera in three parts”, è stata definita dai suoi autori, i finnici (!) James Spectrum (nome d’arte di Jari Salo) e Paul Malmström (polistrumentista trapiantato a New York): la storia d’una prosperosa pin up lanciata alla scoperta della civiltà sommersa d’Atlantide. Pensate ad una mostruosità zombesca “from outer space” rappezzata da qualche ignota civiltà aliena sulla base di brandelli semiotici che spaziano dai vecchi theme di James Bond alla fantascienza vintage di Flash Gordon, passando per il Batman naif di Adam West e il pop più radioso e bucolico dei sixties. Infondete vita alle sue membra e alle sue sinapsi con scariche dance-funk elettrizzanti (retaggio dei trascorsi club della band), dopodichè lasciatela libera di scorazzare sulla costa californiana in sella ad una tavola da surf caleidoscopica. Ecco un modo di rappresentare sommariamente le atmosfere e l’immaginario di Queen of the Wave.

All’appassionato non resta che sprofondare nei sedili in simil-pelle della sua cadillac decappottabile e godersi lo spettacolo, tra una palpata malandrina alla bionda della postazione accanto e un avido sorso di coca cola. In questi cinquanta minuti la noia è bandita: ci si può esaltare per i cazzutissimi beat hard funky di A Night and Day (con un finale in vocoder che scomoda perfino la retrònica degli Air); si può ballare sfrenatamente il garage-pop mutante della straordinaria Go Supersonic, o commuoversi per il pathos che essudano la ballad pianistica My Flaming Thirst (struggente e ariosa come le cose migliori di Anna Calvi) e la incantevole lullaby medioevaleggiante Contain Thyself.

L’arrangiamento dei brani è dinamico e superbamente cesellato, tanto che in alcuni frangenti pare d’ascoltare gli Oingo Boingo di Danny Elfman alle prese con un film scritto da Ed Wood ma diretto da Russ Meyer. Oltre alla collaborazione della Czech film orchestra per le sezioni più operistiche, vi prendono parte un’infinità d’ospiti dal background a dir poco eterogeneo (ci limitiamo a segnalare Samuli Kosminen dei Múm e Kai Hato dei brutalissimi Rotten Sound). Il risultato è barocco e progressivo ma non pomposo; compiaciutamente kitsch senza mai sfiorare il pacchiano; anacronistico e ammiccante ma depurato da sterili calligrafismi di maniera. Alla tavolozza cromatica contribuiscono innumerevoli tipi di tastiere (dal clavicembalo a svariati modelli di hammond) e perfino dei tocchi davvero bizzarri, come l’uso d’un sintetizzatore tesla e l’incredibile apporto, limitato a due soli brani, del great stalacpipe organ, uno strumento unico al mondo che produce suoni dalla vibrazione delle stalattiti situate nelle Luray Caverns della Virginia. L’apoteosi la si raggiunge nell’impetuosa epicità di The Storm (una cavalcata delle valchirie sulla cresta di uno tsunami) e nella conclusiva Riders of the Last Ark (gustoso omaggio country western al Morricone crepuscolare della trilogia del dollaro).

Ormai avrete capito che Queen of The Wave è il guilty pleasure supremo di tutti i cultori nostalgici della swinging london, dei b movie old style e del pop psichedelico. Se vi riconoscete anche solo lontanamente in una delle suddette categorie, non esitate a procurarvi questo piccolo miracolo di camaleontismo retrospettivo.

Ps: l’intero ricavato delle vendite andrà in beneficienza alla  John Nurminen Foundation. Sapevatelo.