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20 Marzo 2012 | Columbia | The Shins |
A cinque anni da Wincing the Night Away, tornano gli Shins – o meglio – torna James Mercer con nuovi compagni d’avventura (tra cui Jessica Dobson, mirabile chitarrista che si è fatta le ossa collaborando con Beck, e Joe Plummer dei Modest Mouse). Quelli di prima, a detta dell’ormai ex batterista Jesse Sandoval, sono stati “licenziati” da Mercer, il quale però (parandosi i fondelli in corner) ha dichiarato di voler semplicemente sperimentare con nuove persone, e che non è detto che non torni a lavorare con “quelli di prima” in un prossimo futuro. Polemica spenta sul nascere, insomma: Mercer resta sempre il buon uomo-peluche che chiunque vorrebbe tenere sul comodino, anche in questo disco, il quarto del progetto Shins.
Tuttavia, rispetto ai precedenti album, la formula ‘melodia immediata+testo esistenziale’ risulta un po’ usurata, Port of Morrow è un gradevole modo di passare il tempo, anche per chi non vive in un telefilm di studentelli americani. L’attenzione cade subito su The Rifle’s Spiral, incalzante e inquietante (soprattutto per il video), e 40 Mark Strasse, che con quel fischiettare riverberato e gli inserti al sintetizzatore racconta davvero una storia. Il tipico pop raffinato ma non pretenzioso a marchio Shins caratterizza il resto del disco, senza però emozionare particolarmente: il risultato è che dopo due-tre ascolti non ci sono più sorprese, malgrado il timido tentativo di innovazione tramite leggere influenze elettroniche (forse derivanti dall’esperienza di Mercer con Danger Mouse nei Broken Bells).
Nella convinzione che tutti, prima o poi, tiriamo le cuoia… Port of Morrow è in realtà il nome di un’irrilevante località nell’Oregon, ma Mercer, da bravo ragazzo sensibile, ci ha letto il famoso ‘porto sicuro’ di senechiana memoria, cioè la tomba. E ha pensato bene di usarlo come titolo di un disco e di una canzone, l’ultima, che in effetti è un po’ oscura, ma soprattutto… è davvero James che ne canta le strofe?!