Die Antwoord @ Supersanto’s (Roma) 28 giugno 2012

Attitudine e Visual: Per chi non conoscesse i Die Antwoord, trio di Cape Town che mescola il rap (cantato in afrikaans) e l’hip hop alla cultura rave, diremo che la band è portavoce dello Zef, un movimento contro-culturale dei sottoproletari bianchi nato in Sudafrica. Il consiglio migliore è andare su Youtube, e godersi la videografia ufficiale per capire. Ninja, MC maschile del trio è anche regista di tutti i video, e ci versa dentro il succo del movimento, con tutti i riferimenti culturali del caso. Tutti i visual di questo concerto provengono quindi dal materiale girato per i video: per i fan il risultato sarà molto familiare, mentre per gli altri un buon modo per entrare nelle atmosfere suburbane della loro proposta. Detto questo nella performance c’è una sorta di attitudine old school: fisso alla consolle c’è Dj Hi-Tek “doin’ his thing”, poi ci sono i vari cambi di vestiario a seconda del brano proposto (Yo-Landi Vi$$er, controparte femminile della band, segue idealmente gli outfit proposti dai relativi video); e a completare il quadro innumerevoli stage diving, tanta energia concentrata, col risultato che questi tre sudafricani non lasciano al pubblico il tempo di annoiarsi nemmeno per un attimo.

Audio: Il palco montato per la rassegna estiva “Supersanto’s” a piazzale del Verano, non è davvero all’altezza degli artisti che lo calcano. Risicato, rialzato solo un metro e mezzo circa da terra, sovrastato da un triste telone di cerata bianca, casse audio sottodimensionate (che a metà concerto iniziano a scrocchiare fastidiosamente), in definitiva decisamente insoddisfacente sotto tutti i punti di vista. Ma questo è quello che passa il convento, per cui dobbiamo accontentarci.

Setlist: Con soli due album all’attivo, possiamo dire che il 90% della performance è stato a carico dell’ultima uscita, Ten$ion, lasciando alla precedente release del 2009, $O$, solo qualche sporadica comparsa di quelli che furono i singoli: Beat Boy, Rich Bitch ed Enter the Ninja. La performance inizia con il dj sul palco in DJ Hi-Tek Rulez che accoglie il pubblico con un caloroso “DJ Hi-Tek will fuck you in the ass, I’ll fuck you till you love me”, niente male come programma. Segue Fok Julle Naaiers (che tradotto in inglese suona come “fuck you fuckers”). Senza dilungarci troppo, segnaliamo i tre brani di punta dell’album, suonati uno dietro l’altro in modo da stendere il pubblico, e sto parlando di Fatty Boom Boom, Baby’s on fire e l’ormai celebre I Fink You Freeky.

Momento migliore: Uno su tutti – carico di spinta iconoclasta e totale mancanza di e(ste)tica – è il freestyle di Ninja sulla base integrale di Orinoco Flow di Enya. Non credo ci sia da aggiungere altro…

Locura: Totale. Ma non ci si potrebbe aspettare altro da una crew composta da una petite biondo platino con la voce di Topolino rappante su basi vagamente euro-trash, uno spilungone con i tatuaggi più brutti del mondo ed un dj obeso e peloso a torso nudo. Enjoy!

Pubblico: Decisamente misto. I Die Antwoord, sebbene ad alto tasso di viralità, non credo possano ancora raggiungere un numero cospicuo di aficionados nel Bel Paese. Virato decisamente verso la trentina, il pubblico poteva essere chiaramente suddiviso in: entusiasti del genere (almeno una mezza dozzina di uomini con un look identico a quello del Ninja e ragazze mortificate da tagli di capelli che non starebbero bene a nessun essere umano sulla Terra), hipster in cerca di emozioni forti e totali disinteressati alla musica che erano lì solo perché “fa fico”. Gli appartenenti a quest’ultima fastidiosa categoria sono riusciti a chiacchierare per tutto il concerto, rovinando la festa agli altri solo per poter dire il giorno dopo ai colleghi dell’ufficio di essere stati a questo concerto, dove c’erano questi cantanti “così strani”.

Conclusione: Riallacciandomi al punto precedente, da questi concerti esco sempre più convinto che l’avanguardia musicale sia sempre più appannaggio della generazione dei trentenni piuttosto che di quella dei nati negli anni ’90, che sembra manchino di fantasia e spinta creativa, adagiandosi  su stereotipi generazionali e musica di consumo. Lo Zef, il Sudafrica, l’afrikaans, il sottoproletariato, le suburbs, compongono tutto un mondo nuovo che non conoscevo, davvero interessante, stimoli alla conoscenza del mondo che nessun nuovo nome della scena inglese o americana  è riuscito a darmi in questi ultimi anni.