Violens – True

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Se prendiamo per vera la diceria secondo la quale le ostetriche di New York adoperino la musica per migliorare le condizioni del feto, possiamo ragionevolmente affermare, alla luce dei risvolti odierni, di conoscere quale tipo di  musica sonica utilizzino da almeno trent’anni. Resta solo da scegliere attraverso una gamma che spazia da Daydream Nation fino ad Experimental Jet Set, Trash & No Star.
Del resto l’annata musicale della grande mela venne inaugurata da un ensemble innamorato del punk inglese, ma con la chitarra sferragliante di Lee Ranaldo sempre ben impressa nelle meningi (The Men – Open your heart Ndr).

Ecco, oggi con i Violens di “True” succede la stessa cosa, ma partendo da un punto focale differente, più precisamente dal periodo Post-Wave. Fin dal moniker -Violence + Violins- emerge il dualismo musicale di una band nata nella mecca del Noise-Rock, ma capace di manifestare una certa inclinazione per quelle realtà rarefatte appartenenti al caleidoscopio Inglese, su tutte Echo & The Bunnymen, Cure e New Order, tutto condito da una sensibilità Pop di Wilsoniana memoria (Totally True, Der Microarc). True è un album a due velocità, spaccato chirurgicamente al centro dai rumorismi oscuri di “Lavender Forces, riapre nella seconda metà tributando immediatamente le origini. È infatti la batteria di “Cross The Breeze”  dei Sonic Youth quella che apre il settimo episodio dell’albo “Unfolding Black Wings, la stessa che imperversa nella seguente “All Night Low, sognante ed hardcore al tempo stesso. Mentre sul finale, le atmosfere Nineties dell’acustica “Lucent Caries” terminano con quello che ha tutta l’aria di essere il fruscio caldo di un vento proveniente dagli inferi.

La seconda prova del trio capitanato da Jorge Elbrecht, risulta dunque un buon passo in avanti rispetto ad un esordio Amoral, dalle tinte più marcatamente Synth-Pop, e si propone per la top ten di fine anno.