Attitudine e visual: Serata all’insegna del ballo e dello sfascio generazionale quella che ha visto avvicendarsi sul palco del Brancaleone Martux M Crew, Esperanza e l’attesissimo Apparat. Se durante il precedente appuntamento romano il dj berlinese aveva preferito atmosfere più ambient (in linea con l’ultimo album, “The Devil’s Walk”), questa volta è tornato con tanto di cuffie e sorrisetto sornione per un djset da far ballare i tavoli. Tuttavia non quanto gli Esperanza: l’umanità che scorre nelle produzioni di questo progetto tutto italiano è veramente ciò che legittima la musica elettronica ad essere chiamata, appunto, musica. Sarà per l’intrusione chitarristica, per quel sound insieme naive e provocante, ma gli Esperanza incantano, anziché stordire.
Stralci di videoart colorata e sconvolgente hanno accompagnato ogni esibizione per compensare la staticità che i djset comportano.
Audio: bulimico.
Setlist: Probabilmente un abbozzo di scaletta c’era, ma nessuno se n’è accorto.
Momento migliore: Quando i cunicoli del Brancaleone si sono riempiti e il tasso alcolico generale è salito all’orlo della catalessi, nessuno si è più vergognato di agitarsi in pista, ed è stato divertente.
Pubblico: Le persone in piedi, ballavano noncuranti del dolore del mondo; le persone sedute in realtà non erano sedute, ma svenute, e noncuranti del dolore del mondo.
Locura: Tutti hanno trovato (almeno) un nuovo amico quella sera: oltre al Guardiano dei Bagni, si è distinto per simpatia un ragazzo-ritratto della normalità con tante bevute in corpo da vedere le Pussy Riot e Pierluigi Bersani fra la folla.
Conclusioni: Chiaramente era un appuntamento per amanti del genere, ma anche gli estranei al mondo dell’elettronica hanno saputo trovare una chiave d’accesso negli Esperanza. L’obiettivo era scatenare istinti danzerecci, e il buon vecchio Apparat ci è riuscito.